Arriva il sequel della favola ambientalista, record di incassi e con un cast stellare. James Cameron: “Porto sullo schermo un discorso politico attraverso la fantascienza”

È il regista dei record. Con il suo “Avatar” James Cameron non ha solo sbancato i botteghini mondiali con un incasso stellare di quasi tre miliardi di dollari, auto-battendo il suo precedente record per l’altro kolossal “Titanic”, ha inventato da zero un intero universo. Quello di Pandora, pianeta fantastico popolato da guerrieri giganti di colore blu chiamati Na’ Vi, in cui regna l’armonia tra le specie grazie a una profonda connessione energetica. Una fiaba ambientalista decisamente anti-americana: a minacciare l’esistenza di Pandora e pretenderne la conquista interveniva nel primo film il governo americano, lo stesso per cui si era battuto in guerra l’ex marine Jake Sully, reinventatosi presto guerriero difensore di Pandora. Cameron spiega il successo mondiale del suo film, che portò a casa tre Oscar nel 2010, con la portata universale del suo messaggio: «Avatar ha saputo parlare a tutti: attraverso la lente della fantascienza il pubblico – americano, cinese, europeo o giapponese che fosse - ha visto affrontato sullo schermo anche un discorso politico che riporta al caos delle nostre vite reali».

Un caos che, sottolinea il cineasta, appartiene solo al mondo degli adulti: «Tutti i bambini d’istinto amano la natura e gli animali, il merito di “Avatar” sta nel riuscire a riportare chi guarda a quel livello di stupore e meraviglia, facendo riflettere sulla complessità e la grandezza della natura e su quanto, da adulti, tendiamo ad allontanarcene fino a rischiare di rovinarla per sempre». 

 

Tredici anni dopo, il sequel “Avatar: La via dell’acqua” approda al cinema: «La voglia di fare un sequel me l’ha data l’esperienza umana con il cast artistico e tecnico migliore che potessi immaginare. Abbiamo compiuto tutti insieme un viaggio importante con il primo film, e non vedevamo l’ora di rifarlo. Ho riunito Sam Worthington, Zoe Saldana e persino Sigourney Weaver che nel primo film era morta e qui torna nei panni di un’adolescente, pur di ripetere quest’esperienza incredibile insieme. Perché nel frattempo siamo tutti cresciuti, siamo diventati genitori – solo io di figli ne ho quattro – e volevamo raccontare le dinamiche familiari e il senso di responsabilità sui figli, la paura di quando diventi genitore e temi di perdere chi per te conta di più al mondo ma anche, al tempo stesso, quel senso di accettazione reciproca. L’importanza di quell’“Io ti vedo”, cioè l’attenzione che dobbiamo porre gli uni agli altri per vederci, per convivere pacificamente insieme».

 

Ambientato più di dieci anni dopo gli eventi del primo film, il sequel racconta «le avventure della famiglia Sully, ora che Jake e la sua Neytiri sono diventati genitori e sono tenuti a insegnare ai loro figli a rispettare il loro pianeta e le sue leggi, a stare al mondo guardandosi dai numerosi pericoli a cui sono esposti e a lottare per difendersi a vicenda e sopravvivere a mille peripezie». 

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Novità assoluta del film, oltre a Kate Winslet come new entry del cast, è la sua ambientazione negli abissi marini. Anche in questo Cameron ha battuto ogni record: si definisce umilmente «uno che va sott’acqua da cinquant’anni», in realtà è il primo uomo ad aver raggiunto da solo le fosse delle Marianne nel Pacifico – la depressione oceanica più profonda del mondo – a bordo di un sottomarino da lui stesso progettato, realizzato dalla Nasa e dall’Istituto di Oceanografia dell’Università della California.

 

I suoi attori si sono impegnati a fondo per tenere il passo e recitare, per la prima volta in assoluto, direttamente sott’acqua. «Sono stati determinati e impavidi, si sono impegnati al massimo per una sfida recitativa per nulla facile. Gli effetti speciali possono aiutare, ma è la bravura degli attori a fare la differenza in un film», sottolinea con convinzione Cameron. «Prendiamo Sig (Sigourney Weaver, ndr) ad esempio: si è messa in gioco ed è stata molto coraggiosa, ha saputo dare voce a una teenager in lotta con la sua identità e ci ha sbalordito. Per non parlare di Kate Winslet che ha letteralmente battuto tutti, con i suoi oltre sette minuti di apnea: da non crederci. Era tanto che volevamo tornare a lavorare insieme (sono passati 25 anni dalla loro prima volta in “Titanic”, Ndr.), è stato bello ritrovarsi uguali ma in punti diversi delle nostre vite e carriere. È un’attrice incredibile e l’ha dimostrato ancora una volta».

Ora toccherà a lui dimostrare di essere l’indiscusso re degli incassi, mentre a Hollywood altri colossi si fanno avanti per tentare di sottrargli il primato, su tutti la Marvel che con Avengers Endgame ci andò vicino sfiorando i 2,8 miliardi al botteghino.

Ma per Cameron il paragone non regge: «Avranno fatto una trentina di film per costruire un loro universo, noi abbiamo fatto un solo film finora, e siamo anche stati accusati di non avere un grande impatto culturale». Eppure è proprio sull’incontro tra culture diverse che si è sempre basata la storia di Avatar, dal primo capitolo in cui gli americani miravano a sbaragliare i nativi Na’Vi fino a questo sequel che mostrerà in che modo riescano a convivere tribù diverse su Pandora: «Tutto è iniziato perché volevo ribaltare lo stereotipo dell’invasione aliena con cui siamo cresciuti: mi piaceva mostrare una volta tanto come fossero gli umani i veri nemici, pronti a invadere senza esitazione per distruggere la Natura e tutte le meraviglie che offre».