Secondo la giuria federale di Washington DC, quello del 6 gennaio è stato un episodio di sedizione, pianificato e programmato per ribaltare l’ordinamento democratico. Per i leader del gruppo di estrema destra Oath Keepers condanne pesantissime. E per l’ex presidente un altro problema sula strada della ricandidatura

E quindi l’assalto al Campidoglio non è stata una mattana, non è stato un incidente causato da una folla fuori controllo. Anzi, è stato l’esatto opposto: un piano studiato e organizzato con l’intento preciso di sospendere o addirittura rovesciare l’ordinamento della repubblica americana. In una parola: sedizione.

 

A essere condannati, per questo capo pesantissimo, sono stati Stewart Rhodes, fondatore del gruppo di estrema destra Oath Keepers e Kelly Meggs, suo luogotenente in Florida. Altri tre Oath Keepers a processo con loro sono stati condannati per altri capi di imputazione (ostacolo all’attività legislativa, distruzione di prove ecc), ma non per sedizione.

Si tratta della prima volta che una condanna così pesante viene emessa nei confronti di persone che hanno partecipato all’assalto al Campidoglio. Fino a qui nessuno dei circa 900 procedimenti penali arrivati a sentenza e relativi a quelle ore drammatiche e surreali aveva mai portato a una sentenza tanto esplicita e grave. Per lo più, gli imputati sono stati condannati per appropriazione o distruzione di beni federali, per violenza, per ostacolo all’attività del parlamento. Ma mai, sino ad ora, una sentenza aveva definito la rivolta come un piano organizzato.

Secondo la giuria federale di Washington DC, il 6 gennaio è stato solo il culmine e il punto di arrivo di un piano progettato da tempo e che si basava sull’assunto che le elezioni fossero state vinte in modo illegittimo da Biden.
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A partire da questa, probabilmente sincera anche se infondata, convinzione, gli Oath Keepers hanno iniziato, fin da novembre a far girare nelle loro riunioni e chat messaggi molto espliciti sul fatto che l’America era in pericolo e che andava difesa ad ogni costo, anche con le armi. Cose del tenore di “"Non ce la faremo senza una guerra civile. Prepara la tua mente, il tuo corpo e il tuo spirito".

 

Per questo, nelle settimane seguenti alle elezioni, il leader del gruppo, Rhodes, aveva provato in più modi a mettersi in contatto con Trump (usando per tramite Roger Stone, una specie di spin doctor e demiurgo della destra americana, molto vicino a Trump) e gli aveva indirizzato ben due lettere aperte nelle quali gli chiedeva di invocare l’Insurection Act, una legge che autorizza il presidente degli Stati Uniti a schierare l’esercito su territorio americano, per ragioni di sicurezza pubblica.

 

In questo modo, sostenevano gli Oath Keepers, la presidenza avrebbe fornito un ombrello legale alla loro azione di "difesa”- così sostenevano- dello stato di diritto in America. Una volta visto che il Presidente non intendeva né rispondere loro né attivare l’Insurrection Act, gli Oath Keepers hanno fatto da soli, preparandosi comunque a una battaglia armata se, come speravano, il presidente si fosse deciso a dare l’ordine. Per questo avevano organizzato la loro “Forza di Reazione rapida”, ossia una specie di milizia presente sul Mall, il lungo parco che separa la Casa Bianca dal Campidoglio e sul quale Trump ha tenuto il suo ultimo incendiario comizio.

 

L’idea, in base a quello che è stato ricostruito dall’accusa e ritenuto fondato dai giudici, era di essere pronti. In teoria a “reagire” a eventuali attacchi di ipotetici facinorosi di sinistra, in pratica e nei fatti ad “agire”, senza bisogno di nessuna provocazione. La milizia era pronta in tutto, uomini, ricetrasmittenti e controllo dell’area. E anche le armi erano disponibili, dal momento che un piccolo arsenale era stato depositato in una camera di albergo poco lontana, pronto a essere portato via barca lungo il fiume Potomac (per evitare traffico, blocchi e polizia) fino al Campidoglio.

 

Messaggi, pianificazione, armi e milizia: tutte cose che hanno portato i giudici a credere, e soprattutto a scrivere nero su bianco, che la rivolta del 6 gennaio non è stata uno sciagurato caso, uno sfortunato incidente, ma un episodio di sedizione, pianificata e programmata per ribaltare l’ordinamento democratico americano.

 

La sentenza, però, non chiude la questione, anzi, la apre. Perché se davvero sedizione c’è stata, se davvero c’era un piano per mantenere Donald Trump alla Casa Bianca, quanto e come l’ex Presidente (e attuale candidato) ne era al corrente? Quanto e come la ha eventualmente favorita o, almeno, non ostacolata? Quanto e come la ha eventualmente cercata e richiesta?