La violenza non è un luogo comune ideata da Crisi con Urban Vision per il 25 novembre sposta l’attenzione sui maschi che la violenza l’agiscono

La violenza maschile sulle donne nel tempo è diventato un fenomeno sempre più complesso. Per questa ragione quando l’associazione Crisi come opportunità mi ha coinvolta per l’ideazione della campagna di comunicazione di Urban Vision sul 25 novembre ammetto di aver avuto paura della semplificazione. Con #laviolenzanonèunluogocomune è invece successo l’inimmaginabile. È successo che con Giulia Minoli, Noemi Caputo e Benedetta Genisio ci sia stata subito la sintonia di non rinunciare alle sfumature del fenomeno. Il primo obiettivo è stato spostare finalmente l’attenzione sugli uomini, cioè su chi agisce la violenza. Uomini diversi tra loro, esattamente com’è nella realtà. Perché non esiste un identikit dell’uomo maltrattante. La violenza è un fenomeno frutto di un guasto culturale e per questo non deve essere vissuto come una condizione privata ma invece assunto come un problema collettivo. Ed è stato questo il secondo obiettivo della campagna: fare un’opera di svelamento sul sessismo ambivalente di cui è affetta la nostra società.

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Da una parte ci sono gli stereotipi “benevoli” e apparentemente innocui, quelli ormai più vicini ai proverbi che ai giudizi ragionati, quelli che danno una visione delle donne come esseri indifesi, da proteggere e tutelare (“la donna non si tocca neanche con un fiore”, “la donna è l’angelo del focolare”) e gli stereotipi “simpatici” che vogliono ironizzare sull’incapacità delle donne (“donna al volante pericolo costante”).

 

Ci sono poi gli stereotipi “ostili”, quelli che dichiarano apertamente l’inferiorità della donna ritenuta sostanzialmente un oggetto (“donne e buoi dei paesi tuoi”) o un essere malvagio (chi dice donna dice danno”) o quelli che valorizzano le donne solo se nel confronto con uomo (“è una donna con le palle”).

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In tutto questo proliferare di false narrazioni, naturalmente l’uomo dal canto suo è cacciatore e i suoi impulsi sono dettati dalla carne. Arriviamo quindi al terzo obiettivo, quello più ambizioso ma anche più doloroso di questa campagna: il racconto della comprensione, della tolleranza e spesso anche della negazione sociale della violenza maschile sulle donne. Nessuno oggi infatti sosterrebbe apertamente che è giusto uccidere una donna che ha tradito il marito ma… Quel “ma” è il sintomo di un irrisolto, il segno che nella nostra società è ancora presente l’idea di proprietà della vita delle donne. Vale per la violenza domestica, vale per lo stupro e per il cosiddetto revenge porn. Perché la verità è che la violenza sulle donne non è un luogo comune, ma nello stesso tempo lo è. E questa campagna racconta di un 25 novembre che sia di Liberazione per le donne. Dall’immaginario e nella realtà.

 

Celeste Costantino è coordinatrice dell’Osservatorio sulla parità di genere del MiC