Varsavia ha subito la pressione migratoria dall’Ucraina e quella (pilotata) dalla Bielorussia. Decidendo chi accogliere in base all’etnia senza preoccuparsi di negare i diritti umani. Ma anche qui, come nel Mediterraneo, c’è chi si oppone

Inizio marzo 2022. Przemyśl, città di 60.000 abitanti al confine con l'Ucraina. Ad una settimana dall'inizio dell'aggressione russa, decine di migliaia di rifugiati, donne e bambini, si dirigono verso la città. Gli ucraini fuggono dall'esercito russo soprattutto verso la Polonia. Nei primi giorni di guerra, fino a 140.000 persone attraversano il confine ogni giorno. I polacchi al confine e in città fanno del loro meglio per aiutarli, per dare loro cibo, vestiti e riparo. Ma la generosità dei miei compatrioti non si limita a Przemyśl: la società civile è mobilitata in tutto il Paese. La grande azione a sostegno dei rifugiati è stata paragonata ai primi mesi di Solidarnoz, il grande movimento civico degli anni Ottanta che ha rovesciato pacificamente il comunismo.

 

Ma c'è qualcosa che non gira in questo ingranaggio meravigliosamente scatenato. Non forte, certo, ma evidente: i bianchi sono favoriti alla frontiera. Attivisti e giornalisti lanciano l'allarme sulla difficoltà per i rifugiati di altri colori di pelle di arrivare in Polonia e ricevere aiuto. Tra questi, studenti provenienti da India, Pakistan e Paesi africani che hanno studiato nelle università ucraine. Nel settimo anno del governo polacco dei nazionalisti di Diritto e Giustizia (PiS) le persone con pelle di altri colori vengono percepite come una minaccia da una parte della popolazione. Improvvisamente, attivisti di estrema destra e hooligan si sono riversati a Przemyśl per difendere la città da una presunta ondata di rifugiati musulmani. Le "pattuglie patriottiche" davano la caccia ai rifugiati.

 

Guardiamo indietro di sei mesi. A quasi 600 km a nord di Przemyśl, ai margini del villaggio di Usnarz Górny, al confine tra Polonia e Bielorussia, si è consumata la tragedia dei rifugiati provenienti dall'Afghanistan e dal Medio Oriente. I rifugiati sono stati attirati in Bielorussia dal regime del dittatore Alexander Lukashenko con la promessa di un viaggio di proseguimento verso l'Unione Europea. In realtà, sono stati scortati da miliziani bielorussi e guardie di frontiera nella foresta di Bialowieza, un'antica foresta che sovrasta il confine, e portati con la forza in Polonia. Un gruppo è stato fermato dalle guardie di frontiera polacche a Usnarz, proprio sulla linea di confine, e non gli è stato permesso di entrare.

 

La Polonia è firmataria della Convenzione sui rifugiati e delle Convenzioni per la protezione dei diritti umani. Ma i funzionari polacchi sono stati sordi ai richiedenti asilo e non hanno permesso a interpreti o medici di visitarli, violando apertamente il diritto internazionale. In poco tempo centinaia di persone come quelle di Usnarz sono giunte al confine tra Polonia e Bielorussia: il dramma è iniziato. Gli ufficiali bielorussi costringevano i nuovi arrivati ad attraversare con la forza il confine con la Polonia. Lì venivano prelevati da ufficiali polacchi che, non tenendo conto delle loro condizioni, li costringeva a tornare in Bielorussia. E la caccia ai rifugiati ricominciava, con pestaggi e deportazioni in Bielorussia. Per nasconderlo all'opinione pubblica, il governo polacco ha imposto lo stato di emergenza nella zona di confine. I giornalisti non vi erano ammessi sotto la minaccia di multe o carcere. Sappiamo tuttavia di persone che sono state spinte oltre il confine una dozzina di volte da funzionari in uniforme della Bielorussia e della Polonia. Conosciamo la storia di una donna incinta che, dopo essere stata gettata oltre una barriera di filo spinato dalle guardie di frontiera polacche, ha subito un aborto spontaneo. Si stima che il numero di vittime di questa pratica, tacitamente sostenuta dalle autorità polacche, sia superiore a 20.

 

Attirando curdi o afghani e spingendoli in Polonia, Lukashenko si è vendicato dell'Unione Europea, che aveva imposto sanzioni al suo regime per la brutale repressione della rivoluzione civile dell'agosto 2020. Il dittatore ha deciso di usare persone in fuga dalla guerra e dall'oppressione per ricattare l'Europa. Il governo polacco, in violazione del diritto internazionale, non solo ha negato loro il diritto di asilo, ma anche l'assistenza medica. Le vittime delle guerre in Medio Oriente sono diventate pedine nel gioco malvagio di Lukashenko e dei nazionalisti polacchi.

 

Dopotutto, i governanti polacchi avrebbero potuto ordinare alle guardie di frontiera di scortare gli arrivati nei centri per stranieri, di ricevere le richieste di asilo, di svolgere le procedure del caso e di espellere semplicemente le persone che non soddisfacevano le condizioni per l’ingresso nel Paese. Invece hanno scelto la violenza e l'illegalità.

 

Perché? Perché l'ostilità verso gli stranieri è insita nel DNA del partito al potere. Nel 2015, durante la crisi migratoria, i politici di Diritto e Giustizia avevano sostenuto che i rifugiati avrebbero portato con sé "malattie e parassiti" quando avrebbero raggiunto la Polonia. L'opposizione all'accoglienza di un siriano ha permesso al partito di vincere le elezioni. Da allora, in Polonia è in corso una campagna contro le persone con la pelle scura. Per anni il governo è stato indifferente alle informazioni sugli attacchi razzisti contro gli immigrati non europei. Nel 2021 i ministri hanno lodato con orgoglio i loro subordinati per aver permesso le violazioni del diritto internazionale nelle foreste e nelle paludi della zona di confine tra Polonia e Bielorussia. Speravano che il PiS, che era salito nei sondaggi nel 2015 grazie alla retorica anti-rifugiati, avrebbe fatto lo stesso nel 2021. L'effetto, tuttavia, è stato incomparabilmente minore.

 

Gli eventi del 2017 e del 2021 hanno portato a un doppio standard sul confine polacco-ucraino nell'inverno del 2022. Il caso è stato pubblicizzato dai media polacchi e internazionali, gli studenti asiatici e africani sono stati rapidamente evacuati dalla Polonia e il problema si è sostanzialmente risolto da solo. Al confine tra Polonia e Bielorussia, invece, i migranti continuano a soffrire. Per fermare l’ingresso dei rifugiati le autorità polacche hanno eretto un'alta recinzione: alcuni riescono a superarla con la forza, altri no. Qualche settimana fa è apparso su Internet un video che mostrava un uomo impigliato nel filo spinato e appeso a testa in giù alla recinzione, come Pietro crocifisso, mentre funzionari polacchi lo deridevano a gran voce. La disgustosità della scena era impressionante, ma le autorità polacche non vi hanno visto nulla di male. Ogni volta che qualcuno cerca di passare dalla Bielorussia alla Polonia, i funzionari di frontiera polacchi lo catturano e lo rispediscono con la forza in Bielorussia. L'unica differenza tra loro e i rifugiati ucraini è il colore della pelle.

 

Tuttavia, gli abitanti della regione di confine tra Polonia e Bielorussia non sono indifferenti. Insieme a volontari provenienti da altre parti del Paese, aiutano i rifugiati ad attraversare segretamente il confine con l'Occidente, rischiando di essere arrestati. Queste azioni non sono così spettacolari come l'aiuto alle masse di rifugiati provenienti dall'Ucraina, ma non sono meno lodevoli.


Bartosz T. Wieliński è vicecaporedattore del quotidiano polacco "Gazeta Wyborcza"
Traduzione di Amélie Baasner e Amanda Morelli