Un tempo jeans, Fiat 500 e Pac-Man. Oggi la psicoterapia. Ogni anno le abitudini di acquisto prese in considerazione per il calcolo degli indici dei prezzi fotografano i cambiamenti della società

Succede all’inizio di febbraio, puntuale come il Festival di Sanremo. Su tutti i quotidiani e i telegiornali appare un pezzo di colore sui cambiamenti delle abitudini di consumo degli italiani. È una delle rare occasioni in cui le statistiche dell’Istat escono dalle pagine più specialistiche e seriose e si spostano in quelle di costume. È l’effetto della pubblicazione dell’aggiornamento del “paniere”, cioè dell’insieme dei beni e servizi presi in considerazione per il calcolo degli indici dei prezzi. Quest’anno per esempio tra i “prodotti rappresentativi” sono entrati lo streaming musicale, la sedia da pc e la psicoterapia individuale, mentre sono usciti i compact disc come accaduto in precedenza ai lettori dvd e ai floppy disc, ai videoregistratori e ai navigatori satellitari. È lo zeitgeist e non c’è scampo, cari consumatori apocalittici o integrati.

Una vicenda lunga quasi cent’anni legata a filo intricato all’evoluzione economica, sociale e culturale dei nostri connazionali. Per misurare strada facendo, in parallelo all’inflazione e alle trasformazioni metodologiche, la temperatura esteriore e ontologica della penisola. È impastata di riflessione statistica e amabili rêverie la lettura di questo “Le memorie del paniere”, scritto da Giovanni A. Barbieri e Paola Giacché per Donzelli. Il sottotitolo è programmatico: “Un secolo, mille prodotti, cento film”. Un gioco di specchi tra Grande Storia e storie private, consuetudini familiari e ideali collettivi.

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Il primissimo paniere risale al decennio 1928-1938. L’Istat era stato appena fondato. Siamo in pieno fascismo. Le spese per l’alimentazione occupano un ruolo preponderante. L’economia è arretrata. «È facile, per le nostre abitudini di consumo variegato e opulento, sbarrare gli occhi. Si mangiano polenta, baccalà e cibi fritti con lo strutto o il lardo; si cucina e ci si riscalda con gas, legna secca e carbon coke. Gli abiti che si indossano non sono confezionati, ma cuciti a partire dai tessuti acquistati. Tra le calzature troviamo i “polacchi”, scarponcini massicci con i lacci». Nel 1936 le trasmissioni radiofoniche sono un potente strumento di svago. La radio aveva fatto irruzione nel 1924. Una gloria istantanea. Concerti, propaganda di regime, le dirette delle partite internazionali di calcio raccontate da Niccolò Carosio. Gli italiani si abbonano in massa. Nel 1938 vengono venduti 344 milioni di biglietti del cinema. Scalano il botteghino film come “Gli uomini, che mascalzoni...” di Camerini, «la storia d’amore tra Bruno, un autista, e Mariuccia, una commessa, in una Milano avviata verso la modernità».

 

La colonna sonora è dominata da “Parlami d’amore Mariù”, cantata da Vittorio De Sica. Imperversa la censura di Stato, una “dogana morale” che taglia le scene dei baci a tutto schermo e vieta romanzi “disfattisti” come “Addio alle armi” di Hemingway: il fenomeno si protrarrà per decenni. Nel paniere 1939-1953, influenzato dalla guerra mondiale, «trova conferma l’approccio di sussistenza» per cui si segnalano tra le nuove voci «la conserva di pomodoro e il sale, il dentifricio e il sapone da toeletta». L’acqua corrente domestica (e quella potabile) è un privilegio e così non manca in elenco «il bagno in vasca all’albergo diurno». Ma il Belpaese prova a rialzarsi. Il paniere lanciato nel 1954 (l’anno di “Vacanze romane”) attraversa il Miracolo Economico. Si allarga sensibilmente lo spettro dei generi alimentari considerati: ecco il prosciutto, i biscotti, il cioccolato, la marmellata, la birra, le acque minerali con cui «il consumatore italiano avrà una lunga storia d’amore». Spazio alla camicia, all’intimo maschile e femminile, agli accessori. Guadagna il centro del palco l’automobile: dell’iconica Fiat 500 verranno smerciati in patria quattro milioni di esemplari tra il 1957 e il 1975. In generale, nel 1965 le auto immatricolate sono 5,5 milioni, dieci anni dopo triplicano, adesso superano i 40 milioni. I riflettori dell’Istat si accendono sugli elettrodomestici (nel 1971 l’Italia produce più di cinque milioni di frigoriferi, «quasi come gli Stati Uniti e più di tutto il resto d’Europa messo assieme»), sul telefono (in tanti scelgono la modalità “duplex”, nel paniere fino al ‘91) e sulla televisione (sei milioni di abbonati nel 1965). Si comincia a viaggiare, a spostarsi non solo per ragioni di emigrazione indigente dalla campagna alla città («tra il 1951 e il 1975 si trasferiscono nel “triangolo industriale” del nord-ovest circa due milioni e mezzo di persone dal Mezzogiorno»).

 

I supermercati e la grande distribuzione si materializzano per la prima volta alla fine del 1957 a Milano. Luciano Bianciardi li descrive da par suo ne “La vita agra”: «Il bottegone è una stanza enorme senza finestre. Entrando, ti danno un carrettino di fil di ferro che devi riempire di merce, di prodotti. Hanno la pupilla dilatata, per via dei colori, della luce, della musica calcolata, non battono più le palpebre, non ti vedono». Il volume di Barbieri e Giacché è un excursus algebrico e scintillante: la realtà, i totem consumistici e le loro rappresentazioni nel corso del tempo.

Dal trio Lescano a “Hit Parade”, Mina e il juke-box, il terziario avanzato e, dal 1957 al 1977, il boom sintomatico di “Carosello” («Ha commesso un errore, non ha mai usato la brillantina Linetti»). Il Super8 e l’autunno caldo, le proteste di piazza e i dischi a 45 giri, i surgelati e la scala mobile, l’eskimo e la febbre del sabato sera. I blue jeans saranno cooptati a scoppio ritardato nel 1986. I personal computer e i telefoni cellulari dal rilievo ‘96-98. Si spende sempre di più per merci e servizi voluttuari. La classe media prospera e si fanno meno figli. L’aspirapolvere e la lavastoviglie, il bagnoschiuma e le creme idratanti, il rasoio elettrico e la moquette, la cui stella si spegnerà presto. Gli animali domestici. La “Milano da bere” dell’amaro Ramazzotti, “Drive In” e Pac-Man, Bettino Craxi che cita il titolo di un film di Federico Fellini (“E la nave va”) ma poi va a schiantarsi contro Tangentopoli.

A differenza di quel memorabile affresco diacronico che è stato “La famiglia” di Ettore Scola, che si fermava al 1986, “Le memorie del paniere” atterra a oggi. L’euro e il forno a microonde, il body-building e i fast-food, l’abbonamento a Internet e le due crisi finanziarie ed economiche del 2008 e del 2012. La pandemia di Covid-19, la guerra in Ucraina, la questione climatica. Il popolo dei vegetariani, i tatuaggi, i voli low-cost. To be continued, come la vita.