Dall’hi-tech alla moda, tornano in auge gli scambi di oggetti di seconda mano. Online e nei negozi. E nella lotta a ridurre gli scarti alimentari spopolano le box con gli avanzi di giornata

Come cambiano, come tornano i tempi. Ricordate i mercatini delle pulci, le bancarelle rionali, i bric-à-brac di paese non per vezzo ma per bisogno radicato di massa? Quando l’arte quotidiana dell’arrangiarsi significava una semi-povertà diffusa, un micro-capitalismo informale e il retaggio di antimoderne consuetudini rurali. Fotogrammi di un lungo dopoguerra che sembrava essere archiviato alle nostre spalle. E invece oggi l’economia di seconda mano si va riprendendo il centro del palcoscenico, complice, mutatis mutandis, l’egemonia digitale.

 

Vi si ricorre per l’inflazione, la corsa dei prezzi, i rincari vertiginosi dell’energia e delle bollette. Nonché per l’esigenza sempre più stringente di smetterla di inquinare il pianeta. Bando ai rifiuti e allo spreco, ai consumi ridondanti e impattanti. Allungare la vita degli oggetti inutilizzati allunga anche la nostra vita: migliora la salute e il sentimento civico. Non possiamo più far finta di essere sani, direbbe Gaber. Il discorso si iscrive nel più vasto fronte dell’economia circolare e sostenibile. Riciclare, recuperare, riparare.

 

Secondo un’inchiesta di Altroconsumo relativa al giugno di quest’anno, il 70 per cento degli interpellati ha acquistato o venduto articoli di seconda mano: elettrodomestici, tecnologia, vestiti o mobili. La tendenza decolla tra i 35-44enni e tra i giovanissimi: il 65 per cento degli appartenenti alla cosiddetta generazione Z si dichiara, infatti, un habitué.

 

Ma questa forma alternativa di e-commerce riscalda pure il cuore dei boomers e di una platea indistinta dominata dai laureati (68 per cento). L’anno scorso ha radiografato lo stato dell’arte un osservatorio ad hoc condotto da Bva Doxa. Sono quasi 23 milioni gli italiani attivi nella second hand economy, e il 66 per cento di loro ha puntato direttamente sull’usato. Per il 15 per cento era il debutto. Un modo etico, pulito e smart di fare spazio in garage e nel guardaroba, riconferire un valore a merci obliterate, guadagnare qualcosa in una congiuntura storica non certo favorevole.

 

Nel 2021 il fenomeno ha generato nella penisola un valore economico di 24 miliardi di euro, trainato da sempre più fulminei e semplificati affari online. Le motivazioni soggiacenti sono, in primis, il risparmio (56 per cento) e la contrarietà agli sprechi (49 per cento). Se guardiamo al guadagno pro-capite, la stima media ammonta a 1.121 euro. Ed è alto il livello di fidelizzazione: oltre il 70 per ceto afferma di avere comprato almeno lo stesso numero di oggetti dell’anno precedente.

L’eldorado dell’economia di seconda mano si è spostato su Internet. Sterminata la lista dei siti e delle app dedicate. A cominciare dalle piattaforme generaliste, l’equivalente elettronico dei mega-centri commerciali votati al discount. Una delle più importanti, anche per anzianità, è Depop, ex startup tricolore fondata nel 2011 da Simon Beckerman nell’incubatore veneto H-Farm. Oggi vale oro: l’anno scorso ne è stato annunciato l’acquisto da parte dell’americana Etsy. Interfaccia grafica simile a Instagram, le sue specialità sono gli indumenti e poi i prodotti di bellezza, i libri, i film.

 

Subito.it resta il mercatino nazionale dell’usato per antonomasia, dove vendere e acquistare qualsiasi cosa grazie a un catalogo alimentato perpetuamente da milioni di annunci, ramificati in 37 categorie differenti. È stato stimato (l’equazione può essere estesa all’intero comparto) che i 26 milioni di oggetti smerciati su Subito nel 2020 abbiano innescato un risparmio di 5,4 milioni di tonnellate di Co2.

 

Sulla stessa falsariga, sin da giorni pionieristici, eBay, il portale americano di vendite e aste online lanciato nel remoto 1995 da Pierre Omidya (in Italia è cliccabile dal 2001). Come noto, si possono attraversare oceani di inserzioni di articoli usati (e nuovi) e acquistarli immediatamente, buttare lì una proposta d’acquisto o metterli all’incanto. Quindici milioni in assoluto, un milione gli utenti nel Belpaese dove è sbarcata nel settembre del 2021: creata in Spagna nel 2013, Wallapop si fregia di un magazzino virtuale e post-fordista da 180 milioni di prodotti caricati. Mentre Amazon Warehouse è la succursale del colosso di Jeff Bezos consacrata allo shopping scontato di merci di seconda mano, con la confezione aperta.

Sostiene Coldiretti che nei nostri bidoni della spazzatura finiscano 31 chili di cibo per persona. Ben 31 miliardi di euro l’anno. Per non dire delle pietanze scartate senza posa dalla grande distribuzione organizzata per mere questioni estetiche, come il packaging danneggiato. O dei piatti rigettati dai ristoranti a fine serata. Lo spreco alimentare è uno dei 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile previsti dall’Agenda 2030 dell’Onu. Si battono per questo traguardo istituzioni del terzo settore come il Banco alimentare, mense pubbliche e strutture caritative e dal 2016 è in vigore una legge, la 166. Ma non basta.

 

Spesso viene perciò in soccorso l’eterogenesi dei fini online. Incarnata per esempio dall’applicazione danese TooGoodToGo, in Italia dal 2019. Nel tardo pomeriggio o a inizio serata, pasticcerie, panetterie e supermercati mettono in vendita a prezzi stracciati (la riduzione è di circa il 70 per cento) un pacco a sorpresa con le eccedenze di giornata. A settembre sono stati circa 500 mila i pasti preservati così dal macero. E il difficile quadro socio-economico aiuta. Deesup è un marketplace made in Italy (a Milano) specializzato nella compravendita dei prodotti di arredamento per la casa. Disponibili pezzi usati di ogni tipo, «il principio del resale applicato all’arredo di gamma. Il nostro intento è di rendere il design più democratico», si legge nel sito.

 

In base alle stime, soltanto negli Stati Uniti il mercato second hand nella moda varrà 64 miliardi di dollari nel 2024. L’app del momento in materia è Vinted, nata nel 2008 a Vilnius, la capitale della Lituania, ma divenuta à la page ultimamente.

Sono sei milioni e mezzo i nostri concittadini che hanno incassato fin qui un po’ di euro supplementari svuotando armadi e cassetti e si sono permessi il lusso di una borsa, un paio di scarpe, un trench, un maglione o una camicia firmata a prezzo di fabbrica. La spedizione è a carico dell’acquirente, con zero costi di commissione per chi vende; le transazioni (come accade nelle principali applicazioni) sono tutelate dalle frodi più invalse.

 

Comprare hi-tech ricondizionato è una mossa virtuosa specialmente in questo periodo di de profundis degli approvvigionamenti di semiconduttori e chip vari. A parte qualche eventuale e trascurabile usura, si risparmia fino al 50 per cento, la garanzia minima è di un anno e pazienza se non ci si mette in tasca l’ultimo strombazzato modello (imperdibile fino all’ulteriore e imminente uscita).

 

Una delle stelle polari è Refurbed, fondata a Vienna nel 2017. Se non disdegnate uno smartphone, un pc portatile, un tablet rigenerato “come nuovo” e più vantaggioso del 30 o del 40 per cento dell’originale (e di per sé più sostenibile), è questo uno degli indirizzi che fa per voi. Con una vetrina che supera i 18 mila prodotti, arricchitasi adesso di strumenti riplasmati per la cucina e l’abitazione come le macchine da caffè e gli aspirapolvere. Per ogni acquisto effettuato viene promessa la messa a dimora di un albero per la riforestazione dei Paesi più afflitti dai cambiamenti climatici.

 

Intanto ritrova smalto e slancio anche il caro e vecchio universo della seconda mano offline, riveduto e corretto. Da un lato il passaparola, gli annunci sui muri, le bacheche sui giornali, le fiere e i negozietti di provincia; dall’altro l’inesauribile vague del vintage, le boutique metropolitane che sfornano vestiti pagabili al chilo e i grandi festival ammantati di concept contro l’obsolescenza programmata e l’apocalisse ecologica ed economica altrimenti in agguato. Tirando giocoforza la cinghia, forse i nostri nonni e bisnonni avevano capito tutto. Sgravarsi del passato per proiettarsi nel futuro.