Finita la campagna elettorale, questo è il numero che mostra il reale interesse dei partiti per il tema. Ma non è una novità, come dimostrano i dati della legislatura che si sta chiudendo

Scarpa, Ricciardi, Raffa, Di Maggio. E basta. Sono solo quattro gli under 30 eletti in Parlamento alle elezioni del 25 settembre. Tutte donne, due al sud. Una con il Partito Democratico (Scarpa), due con il Movimento cinque stelle, Di Maggio con Fratelli d’Italia. Nessuna nei collegi uninominali. Ancora una volta quindi, come nella legislatura che si sta per chiudere, i giovani si possono contare sulle dita di una mano. E la politica che rincorre i ragazzi fino a TikTok e a parole dice di volerli ascoltare e rappresentare, alla fine li tradisce.

 

«Me lo aspettavo. Avevo letto i report sui candidati già prima delle elezioni», commenta Ferdinando Pezzopane, 20 anni, attivista per i Fridays for future che aveva inviato a L’Espresso, in occasione dello speciale Agenza Z, le sue richieste al governo post-elezioni, ponendo particolare attenzione al mondo del lavoro. Secondo un’analisi di Openpolis, infatti, su 5 mila candidati alle elezioni nazionali solo il 15 percento aveva meno di 40 anni. Il 3 per cento meno di 30. M5s e Unione popolare quelli con più candidati giovani.

 

Secondo le analisi di Pagella politica, alla Camera l’età media degli eletti di centrosinistra è di 50,2 anni. Il partito più anziano è Impegno Civico dove è stato eletto, però, solo un settantaseienne. Tra i partiti con più deputati, invece, il più vecchio in classifica è Forza Italia con un'età media di 53,2 anni. Al Senato, dove per potersi candidare bisogna avere almeno 40 anni, l’età media dei nuovi 200 è di 55 anni. Partito più anziano ancora Forza Italia, segue l’Alleanza Verdi e di Sinistra.

 

«Una così scarsa presenza di giovani in Parlamento farà sì che argomenti a cui noi siamo sensibili passeranno in secondo piano. O continueranno a essere affrontati da chi non ci ha a che fare. Ad esempio, parlano di borse di studio e di università esponenti politici che hanno finito di studiare da decenni. Conoscono davvero le realtà con cui noi ci interfacciamo tutti i giorni?». Per Pezzopane la quasi totale mancanza di under 30 è anche testimonianza di come i partiti si siano rivolti ai giovani durante la campagna elettorale, per cercare voti, «ma nel momento in cui si deve costruire la rappresentanza la voglia di coinvolgerli scompare. Visto che per i prossimi cinque anni - continua- avremo questo Parlamento, c’è bisogno di uscire dalla dimensione dei partiti e far capire che anche dal basso possiamo trasformare le cose».

 

Non aspettare che siano gli altri a cambiare il mondo ma impegnarsi per farlo, è anche il pensiero di Andrea Felloni, 27 anni, ingegnere. Tra i fondatori di Fantapolitica, la piattaforma di formazione che punta a raccordare i movimenti che riempiono le piazze con le istituzioni. «Essere rappresentati in Parlamento avrebbe permesso a temi come il lavoro precario, i salari fermi mentre il costo della vita aumenta, il problema degli alloggi e la transizione ecologica, di entrare nel dibattito pubblico. Cosa che invece non succederà come non è successo fino a ora. Anche dopo l’estate che abbiamo trascorso o l’alluvione nelle Marche non sono arrivate risposte concrete al cambiamento climatico».

 

Per Felloni il tema della rappresentanza è complesso. Il punto non è né parlare di giovani con tono paternalistico, né eleggerli solo per l’età anagrafica. «I giovani non sono tutti uguali ma ci sono tematiche che interessano la maggioranza. In Parlamento mancano sia la sinistra, sia gli under 30: sono due problemi interconnessi che si legano all’incapacità dei partiti di rinnovare la classe dirigente». La pensa così anche Anche Mattia Maurizi, 17 anni, del collettivo dell’istituto di istruzione superiore Darwin di Roma che aveva partecipato attivamente alle proteste studentesche dello scorso inverno: «Non è solo che mancano i giovani in Parlamento ma anche la rappresentanza degli strati più popolari».