“C’è un modo di convincere sé stessi che si è davvero cittadini italiani, nonostante il colore della propria pelle? Glielo chiedo perché fanno di tutto per convincerci che siamo estranei e stranieri”. La lettera dallo speciale dell’Espresso

Illustrissimo Signor Presidente,

 

a questa lettera non seguirà una richiesta di intervento, o un atto di clemenza da parte sua. Piuttosto vengo da Lei umile e piena di dubbi, nella speranza che possa rispondere ad alcuni quesiti che premono su di me, e credo anche su una parte della mia generazione. Quella dei cosiddetti italiani senza cittadinanza.

A lei che viene considerato l’emblema, anzi la sintesi indiscutibile e assoluta del cittadino Italiano per eccellenza, chiedo un consiglio, semplice e diretto: c’è un modo di convincere sé stessi che si è davvero cittadini italiani, nonostante il colore della propria pelle?

 

Glielo chiedo perché qui, fuori dal Quirinale, fanno di tutto per convincerci che siamo estranei e stranieri. Molti bambini e adolescenti purtroppo, cominciano davvero a credere e di conseguenza a cedere a questa effettiva manipolazione di massa. Io per prima, da sempre convinta di essere italianissima, mi sono riscoperta immigrata, extracomunitaria, straniera e pure nera, utilizzando per la definizione di me stessa, termini mai utilizzati prima. Condividiamo tutti il principio che chi nasce o cresce in Italia è italiano e che lo Stato, prima tra tutti, come afferma la Costituzione stessa, si adopera per rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono il raggiungimento dell’uguaglianza. Per tale motivo, fermamente convinta di questo principio, quando hanno cominciato a diffondersi queste bizzarre teorie razziste che ci negavano il diritto stesso a rappresentare e fare parte del nostro Paese, ho pensato che fosse uno scherzo, un gioco di cattivo gusto. Ma purtroppo, più crescevo, più mi convincevo che il mio sentirmi parte di questo Paese, poteva essere messo in discussione in ogni momento e che soprattutto non eravamo al riparo dai venti della politica che a seconda di dove soffiava – destra o sinistra – peggiorava o stagnava la nostra posizione all’interno della piramide sociale. Non potevo credere che il mio percorso di vita potesse essere inasprito da un qualcosa di così inconsistente, come il colore della mia pelle. Un fatto assurdo, concorderà con me, calcolando il fatto che persino la “bianchezza” stessa, è ricchissima di sfumature e deviazioni dall’eterno archetipo del pallore caucasico.

 

Nel corso degli anni, in molti hanno cominciato ad assumere che i figli di quelli che ormai, non potevano più nemmeno essere considerati «migranti», erano anch’essi migranti, solo perché con i nostri corpi, esprimevamo le diverse possibilità di un aspetto umano. E infine sono arrivate le leggi e la burocrazia, più forti, violente e crudeli di qualsiasi insulto da strada, a voler sigillare una volta per tutte, quel principio di estraneità al Paese, con la quale l’ideologia razzista e securitaria aveva inondato e affogato il Paese.

 

Non c’è mai stato un passato ideale in cui il razzismo non fosse presente nella nostra Italia, signor Presidente. Tuttavia, nelle singole vite di ognuno di noi, c’è stato sicuramente un momento in cui il razzismo è entrato a gamba tesa nella nostra vita innestando nelle nostre menti, l’idea che forse, anche se eravamo nati e cresciuti qui, non eravamo abbastanza. Ne lo saremmo mai stati.

 

Chiedo a Lei dunque, che fare? Come liberare questi giovani dalla falsa idea che questa non sia anche casa loro?

 

Io stessa sono caduta vittima dell’ideologia razzista. A furia di credere alla favola della straniera in casa d’altri ho cominciato a sentirmi tale. A non vedere più case, e città, ma solo recinti e porte chiuse. Mi sono ritratta, ho interiorizzato una menzogna, e adesso ci vorrà del tempo, prima che torni a credere di essere italiana. Per me non c’è più niente da fare, ma può ancora salvare quei bambini, quelle ragazze e quei ragazzi italiani, che non aspettano altro che una sua mossa. Loro credono ancora di essere uguali agli altri. Beh, allora glielo dimostri. Metta in campo la sua esperienza, il suo potere, e il suo impegno, affinché la mia generazione non perda fiducia nella propria casa.

 

Sono fermamente convinta che ci debba essere una formula magica o un mantra che solo lei conosce, una nenia che sia abbastanza forte da spegnere le voci piccole e prepotenti di coloro che credono che essere italiani significhi fare la guerra al futuro di questo Paese. Devono per forza esserci tecniche segrete, cavilli e parole chiave che solo lei conosce, in grado di convincere questi ragazzi che sono davvero italiani, tanto quanto lo è lei.

 

Che cosa dirà, a tutti noi, che parafrasando Giorgio Gaber, non ci sentiamo italiani, ma per fortuna, purtroppo lo siamo?

 

Ci pensi su. E poi mi faccia sapere.

Cordiali Saluti.