“La nostra crisi è di sistema, riguarda il complesso delle istituzioni della Repubblica. Il prossimo Presidente della repubblica cerchi di convincere i suoi elettori di cessare con provvedimenti-spezzatino e ad assumere davvero una fisionomia costituente”. La lettera dallo speciale dell’Espresso

Gentile futuro Presidente, non credo che «rappresentare» l’unità della nazione significhi semplicemente mediare tra le sue correnti di opinione, i suoi interessi, i «valori» che in essa si esprimono. Rappresentare non è mai fotografare. Per forza esso significa fornire un’interpretazione della realtà e orientare l’agenda politica. Una Costituzione non si «custodisce» senza aver cura dei suoi elementi critici e indicando vie praticabili per affrontarli.

 

Il Custode è tale se si preoccupa anche dei necessari restauri dell’edificio o lancia doverosi appelli in tal senso quando ritenga che il medesimo corra seri rischi. Vorrei che il futuro Presidente svolgesse in tal senso la propria funzione, senza ipocrisie. E si esprimesse anche su questo punto delicato: non pare che sarebbe meglio, dopo decenni di presidenzialismo surrettizio, discutere con serietà una buona volta se non sia da percorrere la strada dell’elezione diretta del capo dello Stato? L’esperienza rende del tutto evidente che i poteri del Parlamento possono svuotarsi anche, e forse soprattutto, nel più perfetto dei sistemi parlamentaristici. E sembra a Lei sia fisiologico a un sistema parlamentare che il presidente del Consiglio da oltre un decennio sia l’Uomo venuto «da fuori», come l’Intelletto agente di Aristotele? Mi piacerebbe, insomma, un Presidente che sulle ragioni storiche della crisi del nostro sistema rappresentativo intervenisse con serenità e obbiettività e svolgesse una funzione anche, per così dire, «educativa» nei confronti di forze politiche tutte da tempo ormai afasiche sulle questioni di riforma politico-istituzionale del Paese.

 

Mi piacerebbe, poi, porre una domanda al capo dello Stato: non le pare che uno Stato di diritto, in base al concetto stesso di Diritto, dovrebbe caratterizzarsi proprio per la forza di istituti imparziali, terzi («poteri neutri» si sono anche detti) rispetto alle ragioni del conflitto che necessariamente, e per fortuna!, si esprimono e organizzano in un regime democratico? A me sembra che proprio qui noi forse riscontriamo il punto di maggiore sofferenza. Il politico non può certo svolgere tale funzione, né la sua espressione massima che è il governo. Neppure, credo, potrebbe svolgerla Lei, signor Presidente, a meno di una metamorfosi ovidiana che Le faccia “dimenticare” totalmente chi l’ha eletto e come.

 

La Costituzione vede due organi fondamentali preposti a questo compito fondamentale: magistratura e pubblica amministrazione. Metter mano alla riforma della prima è perciò essenziale, poiché si è visto de facto come la sua attuale organizzazione non ne garantisca affatto la terzietà e imparzialità. Sulla pubblica amministrazione la Costituzione prevede un modello professionale di alto profilo. Non Le sembra che esso non solo si sia andato sempre più smarrendo, ma che la recente politica lo contraddica in modo esplicito, attraverso il dilagare a ogni livello di commissioni e commissari, tecnici e competenti esterni, concessionari unici e via dicendo, di esplicita fedeltà governativa? C’è la Corte Costituzionale, certamente – ho tuttavia l’impressione che in un regime di emergenza perenne, quale quello in cui viviamo, lo strapotere dell’esecutivo inizi a indebolire anche il suo ruolo fondamentale (nel nostro sistema non c’è dubbio che sia la Corte il custode della Costituzione). Quante volte, per fare un esempio che forse è più di un esempio, la Corte ha dichiarato che lo «stato di emergenza» deve essere temporaneo e motivato? Quante volte a proposito della pratica ormai onnidilagante dei decreti legge ha chiarito che la reiterazione di provvedimenti emergenziali è incostituzionale, poiché a distanza di tempo risulta evidente che non si tratta più di emergenza? E la “predica” che fine ha fatto? Mi creda, signor Presidente, la nostra crisi è di sistema, riguarda il complesso delle istituzioni della Repubblica. Cerchi di convincere i suoi elettori (fino a quando a eleggerlo non sarà il popolo) di cessare con provvedimenti-spezzatino, con l’inseguire occasioni e emergenze, e ad assumere davvero una fisionomia costituente, degna cioè della nostra Costituzione.