In corso di settennato cambiano propositi e scelte, aspettative e esiti finali. Ogni capo di Stato si trova ad affrontare almeno due legislature, molte crisi di governo e varie fasi della politica. Fare previsioni, ci insegna la storia italiana, è inutile

La quirinalogia, affannoso metodo empirico con cui la politica e i suoi esegeti si danno da fare per dar conto del presidente che verrà e di come si comporterà, è in realtà una scienza imperfetta. Infatti in questo campo la regola è l’eccezione, e chi mette insieme tante eccezioni con l’idea di farne una regola finisce quasi sempre per fare brutta figura.

 

Non è solo la difficoltà di far previsioni, in tante occasioni capovolte in corso d’opera. È anche il fatto che ogni presidente diventa diverso da se stesso via via che passano gli anni e incombono nuove situazioni. E così, oltre a segnalare le differenze tra un capo dello Stato e l’altro si dovrebbero segnalare le altrettante differenze che separano il primo anno dall’ultimo, i buoni propositi iniziali dagli esiti finali, le aspettative dei grandi elettori dalle scelte dell’eletto.

 

Viene utile a questo proposito un libro appena uscito, scritto con mano leggera e pensieri profondi (Gianluca Passarelli, “Il Presidente della Repubblica in Italia”). È una carrellata sui settennati del passato, che non cerca di azzardare previsioni sul settennato che verrà. E offre in compenso alcuni spunti di riflessione per capire come cambia l’aria in corso di mandato.

 

Normalmente un settennato copre due, tre legislature. E dunque due, tre campagne elettorali. Gestisce in media sei, sette, a volte otto crisi di governo. Accompagna – specie negli ultimi tempi - la nascita, morte e trasformazione di un numero imprecisato di partiti. E fa i conti, quasi sempre, con il malumore dei grandi elettori, che si aspettano dal prescelto un favore che raramente viene loro accordato. Per fortuna, viene da aggiungere.

 

L’inizio del mandato è quasi sempre all’insegna della sobrietà, del basso profilo, quando occorre della ricucitura. Sul Colle si affaccia sempre sulle prime un presidente che cerca di lenire il conflitto e che ambisce a vivere sette anni nel segno della concordia. Poi però la disputa politica si riprende i suoi diritti. E per quanto il capo dello Stato possa cercare di sottrarvisi, il gioco dei partiti e dei governi lo avvolge nelle sue spire, e la luna di miele lascia il posto alla controversia. Infine, capita quasi sempre che i tifosi del giorno prima diventino i delusi del giorno dopo.

 

E però sbaglieremmo a trarre da questi esempi del passato una profezia per il futuro. Già, perché nel nostro album repubblicano si segnalano presidenti più interventisti e altri meno; presidenti che guardavano la politica dall’alto, oppure da fuori, oppure da dentro – anche troppo a volte; e infine, presidenti che hanno cercato la rielezione (tra i primi, quasi tutti), un altro che l’ha subita malvolentieri e un altro ancora che non ne vuole neppure sentir parlare. Una casistica infinita di cui Passarelli dà conto con molta cura e senza troppo disincanto. Che però andrebbe integrata da tutte le infinite varianti in corso d’opera.

 

La verità è che la politica è preterintenzionale, e dunque anche il Quirinale. Reagisce alle sfide, alle occasioni e alle tentazioni. E tutto questo avviene in maniera sempre più concitata e imprevedibile da quando sono venuti meno, nell’ordine, le ideologie, i partiti e le regole. Cosa della quale il presidente della Repubblica finisce per essere la vittima. E qualche volta il complice, anche suo malgrado.

 

A noi resterebbe la curiosità di capire dove sfocerà, di qui a poco, tutto quel fiume di parole, di silenzi, di dubbi, di sospetti, di manovre, di allusioni, di congetture, di segnali che un po’ chiarisce e un po’ ingarbuglia il percorso che porterà il Parlamento a scegliere il tredicesimo capo dello Stato. E anche la curiosità di profetizzare che tipo di presidente sarà, una volta scelto. Ma sarebbe una fatica vana. Perché nessun presidente è mai rimasto tale e quale. Dunque, lasciamoci sorprendere dalla sua preterintenzionalità.