Le proteste a Cuba contro il regime e l’ideologia rabbiosa dei liberali alle vongole

Cuba ha verosimilmente le ore contate. La perestrojika social ha innescato una protesta del tutto motivata che può essere sedata solo col sangue. Ma siccome Raul Castro, o l’altro tizio che ne fa le veci, non sono Deng Xiaoping, è più facile immaginare un’agonia istituzionale più o meno lenta, auspicabilmente non troppo dolorosa, che una Tienanmen alla Coca e rum.

Aggiungo: quando i cubani assaporeranno la democrazia non sarà mai troppo presto e le tesi di chi difende il regime (danni dell’embargo, conquiste sociali, eccetera) non saranno mai sufficienti a giustificare quella che resta una dittatura: un luogo in cui i diritti umani sono conculcati, nel quale esiste tra l’altro una doppia morale che va di pari passo con la doppia circolazione monetaria, una versione caraibica e per questo più affascinante del socialismo reale. Che resta ingiusto e sbagliato. Fallimentare a qualunque latitudine.

Ciononostante, l’italico regolamento di conti nei confronti dell’ultimo stato comunista ha qualcosa di belluino, faticoso, insincero.

I liberali alle vongole, i fautori della libertà a responsabilità limitata, quelli per cui Cina, Turchia, Libia, Russia and counting, diventano dittature accettabili per meriti economici o migratori, sembrano volersela prendere non già con l’isoletta che fronteggia Miami. Ma con l’utopia. Digrignano i denti pregustando l’implosione, pronti a fottersene bellamente quando il triste castrismo sarà sostituito da una succursale di Pechino o di Mosca, più che degli Stati Uniti.

Questo perché sono vecchi. Perché applicano una visione ideologica alla Storia che risale ai tempi della Guerra Fredda. Perché sono abituati a combattere il comunismo non solo in assenza del medesimo, ma persino di una qualunque scintilla sociale che pervada Paesi democratici come il nostro. Così, applicano a Cuba e al suo anacronismo – un rottame postbellico che avrebbe potuto evolvere molto meglio, ove non strangolata dagli Usa – le stesse veline da talk show nel quale si danno tristemente ragione ogni sera.

Vittime come sono del riflesso condizionato per cui la narrazione turbo-economista di qualunque evento storico ha da essere emessa con una voce sola, e guai a chi avanza petizioni di principio sulle diseguaglianze che permeano anche il cosiddetto migliore dei mondi possibili.

Traduco: Cuba si polverizzerà a breve, a dispetto dei vetero-comunisti da terrazza di Scola, dei tizi alla Bertinotti che adesso appoggiano la protesta probabilmente sperando di aiutarla a fallire. E con essa scomparirà la risposta sbagliata a una domanda di giustizia, libertà, uguglianza che i colletti bianchi non hanno alcuna intenzione di porsi.

Però, non prendetevela troppo con chi, quella domanda, vorrà continuare a farsela.

E hasta il riformismo, forse.