La povertà minorile ha raggiunto i massimi storici. È la denuncia del rapporto di Save The Children. Che mostra anche come la chiusura delle scuole abbia fatto esplodere nuove disuguaglianze: quasi un ragazzo su tre non riesce a scaricare file o a usare il browser per la Dad

In Italia, nel 2020, la povertà minorile ha raggiunto i massimi storici: 1 milione e 346 mila minori in condizione di povertà assoluta, ben 209 mila in più rispetto al 2019. È la drammatica fotografia scattata da Save The Children nel recente rapporto “Riscriviamo il futuro”, che attraverso la sua campagna ha raggiunto circa 160 mila bambine, bambini e adolescenti, le loro famiglie e i docenti, in 89 quartieri di 36 città e aree metropolitane. Una cifra enorme, che secondo le stime dell’Istat è frutto del crescente numero di famiglie che hanno perso il lavoro nell’ultimo anno (circa 345.000), facendo toccare punte critiche del 13,6 per cento, mai viste dal 2005. Un dato che preoccupa, visto che nel 2019 si era assistito a una flessione del tasso di incidenza di povertà tra minori (11,4 per cento) per la prima volta dal 2008, anno della crisi economica e finanziaria nel nostro Paese. «Il rapporto di Save the Children dimostra che la situazione era già in progressivo degrado a partire dal 2008», ha spiegato il ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi, intervenendo a un incontro di Ansa.it sul tema. «Il degrado emerso è quello di un Paese che in questi anni non è cresciuto e non è riuscito a investire in maniera adeguata nei giovani. Ciò che è necessario fare quindi è recuperare i danni non solo di questo ultimo anno e mezzo, ma di tanti anni, per dar vita a un percorso che favorisca il miglioramento».

 

Una situazione critica alla quale si affianca un quadro altrettanto compromesso di povertà educativa, causato delle prolungate chiusure scolastiche. Secondo l’Istat, il 12,3% dei minori tra i 6 e i 17 anni non possedeva un pc o un tablet già prima della pandemia e in alcune regioni del Mezzogiorno, la percentuale è arrivata anche al 19%, andando a peggiorare un quadro già fragile. «Il Covid19 è stato un grandissimo acceleratore di disuguaglianze che ha colpito in maniera più forte i bambini e le famiglie che già vivevano in difficoltà», ha ricordato Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children Italia. «Abbiamo toccato con mano le conseguenze che la tragedia sanitaria sapevamo avrebbe portato con sé. Ci siamo resi conto che la chiusura delle scuole avrebbe comportato un rischio molto alto di dispersione scolastica e povertà educativa, e in particolar modo di povertà educativa digitale». Nonostante, infatti, i giovani di oggi siano “nativi digitali” sono state notevoli le mancanze di competenze emerse. Lo studio di Save the Children ha interessato 772 minori di 13 anni in 11 città italiane. Di questi il 29,3 per cento ha dichiarato di non essere in grado di scaricare un file da una piattaforma della scuola; il 32,8 per cento di non saper utilizzare un browser per l'attività didattica e l’11 per cento di non saper condividere uno schermo durante una chiamata con Zoom.

 

Un problema, però, che non si limita al solo ambiente scolastico. Il 46 per cento dei ragazzi non è stato in grado di individuare una fake news, dimostrando un’evidente incapacità di individuare una fonte attendibile da una inattendibile e un terzo di essi non ha saputo indicare le conseguenze legali per la pubblicazione di commenti offensivi sui social. «Quando parliamo di povertà educativa digitale parliamo di un disuguaglianza che può creare davvero una barriera insormontabile per il futuro dei giovani, non solo come studenti ma come cittadini che attraverso la rete devono poter esprimersi e avere un’identità», ha ricordato Raffaela Milano, Direttrice Programmi Italia-Europa di Save the Children Italia.

 

Ma è un tema, quello della povertà educativa digitale, che si inserisce in un discorso molto più ampio. Uno dei fattori che maggiormente incide nella delineazione delle disuguaglianze è la condizione socioeconomica delle famiglie, che influisce notevolmente sul livello di competenze alfabetiche digitali. Secondo lo studio di Save the Children il 30 per cento dei minori che non hanno saputo rispondere correttamente alle domande sottoposte hanno una madre con nessun titolo di studio oppure con una licenza elementare o con una licenza media. Tale percentuale scende al 13,9 per cento per gli studenti la cui madre ha un titolo di studio superiore e al 5,5 per cento se la madre ha un diploma universitario. Percentuali che diventano molto simili se si prende in considerazione il titolo di studio del padre (26,1 per cento, 14,6 per cento, 5,1 per cento).

 

Disuguaglianze che si accentuano maggiormente anche in relazione all’appartenenza territoriale, che ancora oggi mostra un profondo gap tra nord e sud. «La povertà educativa legata alle diseguaglianze territoriali richiede un intervento che permetta ai nostri bambini di avere le stesse opportunità in tutta Italia a partire dal primo livello di istruzione: l’asilo», ha ricordato il ministro Bianchi. «È importante riservare una grande attenzione alla ristrutturazione delle scuole, perché gli spazi dell’istruzione incidono in maniera significativa nella crescita dei ragazzi e saper affrontare il tema della povertà digitale che può creare profonde barriere non solo tra i ragazzi ma anche tra essi e le loro famiglie. L’acquisizione di competenze digitali significa anche acquisizione di competenze per una capacità critica, per vivere insieme e avere disponibilità all'ascolto degli altri».