I Finanzieri di Gorizia hanno ritirato dal mercato 110 milioni di pezzi acquistati dalla struttura commissariale per un valore 300 milioni di euro. Si tratta delle maxi commesse di aprile 2020 con ditte cinesi e intermediari italiani tra cui l’ex giornalista Benotti

Un altro sequestro di quel che rimane in circolazione della mega commessa da 1,2 miliardi di euro di mascherine cinesi fatta nell’aprile del 2020 dalla struttura commissariale per l’emergenza Covid allora guidata da Domenico Arcuri. I Finanzieri del comando provinciale di Gorizia hanno recuperato e posto sotto sequestro ulteriori 50 milioni di prodotti forniti dalla struttura commissariale e distribuite alle strutture sanitarie e alle amministrazioni pubbliche. Di quella mega commessa restano nei depositi di Regioni e ospedali 250 milioni di pezzi che adesso vengono sequestrati o ritirati perché, secondo le prime indagini della procura di Gorizia,  sarebbero insicuri e pericolosi. Le analisi di laboratorio  avrebbero evidenziarono, infatti, «che il coefficiente di penetrazione di questi dispositivi è decisamente superiore agli standard previsti. In alcuni casi, infatti, la capacità filtrante è risultata essere addirittura 10 volte inferiore rispetto a quanto dichiarato, con conseguenti rischi per il personale sanitario che le aveva utilizzate nella falsa convinzione che potessero garantire un’adeguata protezione».

 

L’ultimo sequestro della Finanza si aggiunge a quello dello scorso febbraio, che aveva riguardato altri 60 milioni di pezzi. In totale il valore dei prodotti ritirati arriva a 300 milioni di euro. Quasi tutti fanno parte delle mega commesse da 1,2 miliardi di euro aggiudicate a due gruppi cinesi, Luokai e Wenzhou. Si è scoperto che a far da tramite per la fornitura era scesa in campo un’eterogenea compagnia guidata dal giornalista Mario Benotti ma anche da un venditore di bibite e da un altro imprenditore: in tre, attraverso società di intermediazione, si sarebbero spartiti 72 milioni di euro di provvigioni. La procura di Roma ha aperto un’inchiesta ipotizzando i reati di traffico di influenze, perché Benotti, sfruttando la sua personale conoscenza di Arcuri, si sarebbe fatto retribuire dalle controparti cinesi e senza che il commissario lo sapesse, in modo «occulto e non giustificato». Nel registro degli indagati è stato iscritto il mese scorso anche Arcuri.  Non è escluso che le due indagini confluiscano adesso in un unico procedimento.

 

Intanto la procura di Gorizia e la Guardia di finanza proseguono con i sequestri. Ieri è stato concluso quello di 40 milioni di pezzi che ricomprende i seguenti codici di mascherine Ffp2 e Ffp3: Scyfkz Kn95; Unech Kn95; Anhui Zhongnan En149; Jy-Junyue Kn95 En149; Wenzhou Xilian Kn95 En149; Zhongkang Kn95 En149; Wenzhou Huasai Kn95 En149; Wenxin Kn95; Bi Wei Kang Ce1282; Simfo Kn95 - Zhyi - Surgika; Wenzhou Leikang En149: Xinnuozi En149.

 

Aggiornamento 7 maggio, ore 10.

Precisazione Giancarlo Frè, consulente comunicazione Benotti: «Dato che nell’articolo si fa riferimento al ruolo di Benotti quale intermediario, ci tenevo a precisare quali siano gli effettivi ambiti di responsabilità previsti dal Codice Civile relativamente agli aspetti civilistici della materia (Art. 1754 cc. rubricato “Mediatore”), nonché gli orientamenti maggioritari della Corte di Cassazione relativi alla responsabilità dello stesso. Ebbene, ad un’attenta lettura del codice civile e delle pronunce di legittimità, non potrà sfuggire che il mediatore è soggetto terzo rispetto alle due parti contraenti, e le sue responsabilità sono quindi limitate al solo dovere di mettere in contatto le due parti dell’accordo. Questo significa che non ha alcun obbligo di fare indagini per assicurare la qualità intrinseca del prodotto oggetto del contratto, essendo tali indagini riservate alla sagacia, appunto, dei contraenti (orientamento espresso dalla Corte di Cassazione)».