L’ex combattente e attore di Fast and Furios è solo l’ultimo caso. Perché il mercato asiatico è diventato troppo importante, come insegnano i casi italiani di Hunziker e Dolce&Gabbana

对不起. O per dirlo con il nostro alfabeto “Duìbùqì”, cioè “scusa” in cinese. Un’espressione che negli ultimi anni sembra essere particolarmente in voga anche tra chi cinese non è. L’ultimo è John Cena, noto ex-wrestler americano ora nelle vesti di attore, che sulla piattaforma cinese Sina Weibo ha inviato un messaggio pentito ai suoi sostenitori orientali. A inizio maggio, John Cena, impegnato nella promozione di “Fast and Furious 9”, aveva infatti lasciato un’intervista su un’emittente di Taiwan, definendo l’isola «il primo paese che vedrà il film». Uno smacco intollerabile per Pechino, che vede Taiwan come una propria provincia e non riconosce la sua indipendenza. 

 

La Cina, in compenso, rappresenta un vastissimo mercato per il cinema. Il nuovo capitolo della saga Fast and Furious è uscito nelle scorse settimane nel paese del Dragone, facendo registrare un boom di biglietti venduti e un guadagno di circa 130 milioni di dollari. Dopo la sua frase su Taiwan sono piovute critiche asprissime e John Cena, per paura di censure o limitazioni, ci ha tenuto a scusarsi con i suoi fan con un video in cui sfoggia una invidiabile padronanza del mandarino: «Sono molto dispiaciuto per il mio errore».

 

D’altronde al portafogli non si comanda. Una mossa che per Pechino si è trasformata in un ritorno d’immagine notevole: uno dei personaggi dello sport, e adesso del cinema, più conosciuti negli Stati Uniti che si cosparge il capo di cenere davanti alla Cina. In un’epoca in cui la sfida tra queste due grandi potenze domina il contesto internazionale si può mettere a referto come punto a favore per Xi Jinping. Non a caso è intervenuto l’ex segretario di Stato americano Mike Pompeo, che su Twitter ha descritto il gesto come «un inchino al Partito Comunista Cinese». Il ministro degli Esteri di Taiwan ha invece preferito non rispondere.

 

Ma quello di John Cena, come detto, è solo il più recente caso emerso. Anche l’Italia, suo malgrado, è stata coinvolta in questi episodi in cui vip ammettono di aver commesso sbagli, strafalcioni o “cantonate”. Ad aprile era scoppiata la vicenda con Gerry Scotti e Michelle Hunziker, che su Striscia la Notizia hanno lanciato un servizio riguardante la Cina mimando gli occhi a mandorla e usando una “pronuncia” cinesizzata. Caos, critiche e disapprovazioni hanno preceduto le scuse della presentatrice su Instagram, che si è detta dispiaciuta di aver offeso involontariamente le persone e le comunità cinesi. Una vicissitudine cavalcata anche dalla pagina Diet Prada, famosa per le sue battaglie sui diritti nel mondo della moda e dello spettacolo che ha collegato al nome di Hunziker quello di suo marito Tommaso Trussardi. L’italo-svizzera si è prontamente scusata per evitare problemi d’immagine e di guadagni per la casa di moda di Trussardi.

 

Stessa cosa avvenuta con Dolce e Gabbana nel 2018. La loro azienda aveva pubblicato uno spot per promuovere una sfilata in Cina, con protagonista una modella cinese. Ma per l’opinione pubblica la pubblicità era piena di stereotipi sgradevoli. Come se non bastasse, poco dopo venivano pubblicate sempre da Diet Prada delle presunte chat in cui Stefano Gabbana insultava la Cina e la definiva «mafiosa, ignorante e puzzolente». A quel punto, per non veder rovinati gli affari in uno dei mercati più grandi del mondo, i due hanno registrato un videomessaggio chiedendo scusa «a tutti i cinesi nel mondo. Amiamo la vostra cultura e il vostro paese. La rispetteremo in tutto e per tutto». Anche qui il “Duìbùqì” è arrivato.