Nell’anno nero della pandemia sono state 501.574 le opere trafugate, secondo quanto emerge dal dossier “Attività operativa 2020” del Comando dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale. Ma per il generale Roberto Riccardi: «Il fenomeno è in flessione»

Un frammento dell'obelisco di Montecitorio, perduto intorno alla fine del Settecento, è l’ultimo ritrovamento del Comando dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale italiano. «Portato a Roma nel 10 a.C., con il cartiglio del faraone Psammetico II, del frammento si erano perse le tracce dalla fine del Settecento, quando l'obelisco è stato ricollocato nella piazza dopo essere crollato nel 1084 a seguito del Sacco dei Normanni. Nel frattempo, era finito nella collezione privata di una casata nobiliare romana. Proprio nei giorni scorsi è stato restituito spontaneamente al nostro Comando da un antiquario che lo aveva ereditato», racconta a l’Espresso il generale Roberto Riccardi, comandante dell’Unità investigativa specializzata, nata nel 1969 e col merito di aver restituito, a pubblici e privati, più di tre milioni di beni culturali in mezzo secolo.

 

Le opere recuperate, nell’anno nero della pandemia, sono state complessivamente 501.574, per un valore complessivo stimato di 333.631.691 euro. È quanto emerge dal dossier “Attività operativa 2020”, appena pubblicato dal nucleo investigativo specializzato dell’Arma dei Carabinieri, al termine di un periodo di indagini durato 12 mesi.

«Nel 2020 i luoghi della cultura erano chiusi, le grandi mostre sospese, ma le opere d’arte sono rimaste all’interno dei musei - come nel caso della mostra dedicata a Raffaello per i 500 anni dalla morte, alle Scuderie del Quirinale. Anche le attività di vendita e di commercio erano chiuse; i controlli quindi si sono indirizzati principalmente sulle attività online che non si sono mai interrotte», continua: «Il nostro nucleo ha una sezione specializzata, la sezione elaborazione dati (Sed), che gestisce la “Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti”. È il database più grande del mondo, contiene 8 milioni di file di cui un milione e 300 mila si riferiscono a opere tuttora da ricercare. È nata nel 1980 ed è la numero uno grazie ad esperti che monitorano costantemente i siti e i profili social di chi ha attività commerciali nel settore nonché tutti i canali di vendita privata. Dopo averli intercettati facciamo il match con le foto che abbiamo in banca dati e li individuiamo ovunque essi si trovino». Nel 2020 sono stati controllati online 34.024 oggetti di cui 12.181 risultati illecitamente sottratti e, di conseguenza, localizzati e sequestrati. Nel 2019 erano stati 33.447 di cui 8.732 sequestrati.

 

Un risultato importante, nonostante le attività di recupero siano state molto rallentate dalle restrizioni anti Covid, che ha fatto emergere un quadro d’insieme migliore rispetto al 2019. Nel 2020 sono stati 287 i furti complessivi di beni culturali, contro i 345 dello scorso anno e i 474 del 2018, con un decremento pari al 17,6 per cento «con punte più alte per gli obiettivi di pubblica proprietà: musei, archivi, biblioteche, perché in quel caso aumenta sensibilmente la difesa rispetto a quello che può essere lo standard di un collezionista privato».

 

Meno tutelati invece, e di conseguenza maggiormente appetibili per i trafficanti d’arte, le chiese e i luoghi di culto. Nel 2020 circa due terzi dei reati, pari al 60,9 per cento del totale, sono stati perpetrati ai danni degli oltre 100mila luoghi di culto attualmente presenti sul territorio nazionale anche se «quest’anno ne sono avvenuti 23 in meno (112 a fronte dei 135 del 2019)».

 

La maglia nera tra le regioni italiane è andata all’Emilia Romagna che ha registrato il maggior numero di furti della penisola nonostante un piccolo decremento rispetto allo scorso anno (36 nel 2020 contro 48 nel 2019), mentre la Valle d’Aosta si è confermata la migliore tra le regioni con un solo furto nell’intero anno. Nel complesso un incremento sostanziale è stato registrato in Veneto (+15), Sicilia (+8) e Molise (+6) accompagnato invece da una diminuzione in Lombardia (-27), Lazio (-19), Umbria (-17), Emilia Romagna (-12), Toscana (-8), Trentino Alto adige (-7), Campania (-3), Marche (-2) e Friuli Venezia Giulia (-2). «I delitti sono praticamente tutti in flessione ed è una flessione che solo in parte è dovuta alla pandemia perché è un trend costante degli ultimi anni che dipende anche dall’avvento di numerose tecnologie quali la videosorveglianza, lo sviluppo dei software della banca dati e i sistemi di allarme», sottolinea il generale.

La tendenza positiva aveva già caratterizzato il periodo 2013/2017, con un leggero aumento dei furti solo nel 2018. Ma il lento decremento degli ultimi due anni fa ben sperare in una flessione del fenomeno più massiccia.

E al generale calo del fenomeno corrisponde anche un sostanziale decremento del numero degli oggetti trafugati. Sono stati 8.224 gli articoli complessivamente asportati dai siti culturali italiani, con una variazione del 38,1 per cento rispetto allo scorso anno, durante il quale sono stati invece 13.291.

Ma il fenomeno non è solo italiano. «Capita di rintracciare nel mondo opere italiane, ma capita anche di rintracciare in Italia opere che provengono da altri Paesi», spiega Riccardi: «In quei casi individuiamo i beni, anche fisicamente presso le case d’asta o le gallerie, e ci confrontiamo su canali diplomatici oppure direttamente con i nostri referenti investigatori dei Paesi in questione. Chiediamo formalmente informazioni sulla provenienza di quei beni, perché in molti Paesi l’archeologia appartiene agli Stati quindi i beni che si trovano sul mercato, a meno che non provengano da collezioni antiche o ci siano normative specifiche che consentono il commercio, sono beni sottratti alla proprietà pubblica e li sequestriamo. Dopodiché li restituiamo nelle mani degli ambasciatori o dei consoli in italia». Il 14 luglio 2020, alla presenza dell’ambasciatore francese Christian Masset, è stata restituita a Palazzo Farnese la porta del Bataclan, omaggio del pittore Banksy alle vittime della strage terroristica del 13 novembre 2015 e trafugata a Parigi nel gennaio del 2019.

 

Qualche mese più tardi, nel dicembre 2020, la testa di Afrodite, staccata di netto dalla statua nel 1977 presso il Foro romano, è stata individuata sul sito di una casa d'asta di Montecarlo dove sarebbe andata all’asta il 13 dicembre con una prezzo base di 20.00 euro, destinato certamente ad aumentare.

 

Ma la restituzione sicuramente più significativa dello scorso anno è stata quella dell’Orologio a pendolo del Quirinale. Voluto e commissionato da Pio IX nel 1854 al massimo artigiano del suo tempo, Mariano Trevellini, fu dismesso e ceduto nel 1961 all’ITIS romano Giuseppe Armellini, dove si voleva creare un museo dell’orologio, per poi essere dimenticato e trafugato negli anni ‘80, dopo il cambio di vocazione dell’istituto. «Un restauratore bolognese lo aveva acquistato a Roma e dopo averlo restaurato lo aveva promesso a un collezionista di Milano al quale aveva già ceduto il quadrante antico. Quando poi ha trovato un acquirente disposto a pagare di più lo abbiamo intercettato e con un'operazione sotto copertura lo abbiamo recuperato il 20 dicembre scorso. Contemporaneamente abbiamo fatto scattare le perquisizioni a Milano dove abbiamo recuperato il quadrante antico e a Bologna dove abbiamo recuperato la documentazione delle illecite compravendite», prosegue il Comandante.

Il 24 dicembre, sotto l’albero di Natale del Presidente della Repubblica, c’era l’orologio a pendolo con un biglietto di auguri firmato dal ministro dei Beni Culturali e dal Comandante Generale dell’Arma che recitava: “Nessuna lancetta segnerà l’ora in cui smetteremo di amare l’Italia”.