Senza tener conto dei treni a lungo fermi, il rosso di 562 milioni e quasi 1,4 miliardi di euro di contributi pubblici, l’amministratore delegato Gianfranco Battisti e altri 941 fortunati stanno per ricevere la parte variabile dello stipendio per i “risultati raggiunti”

Nessuno ha raggiunto gli obiettivi che si era prefissato nel 2020. Rettifica urgente. Nessuno non proprio: 942 dirigenti di Ferrovie dello Stato ce l’hanno fatta. Nonostante l’anno nefasto, il blocco dei treni, i posti vuoti, i dirigenti di Fs sono riusciti a raggiungere gli obiettivi che l’azienda si era prefissata per il 2020 e dunque stanno per ricevere il premio di risultato che vale fra il 20 e il 30 per cento della retribuzione annuale e costa «oltre 20 milioni di euro» secondo fonti ufficiali del gruppo. Si tratta del cosiddetto «mbo», che sta per «management by objectives», un acronimo inglese utile a disorientare e atteggiarsi.

Il 2020 di Ferrovie dello Stato, azienda controllata dal ministero del Tesoro e che a sua volta controlla i treni con Trenitalia, la rete con Rfi, le strade con Anas, gli autobus con Busitalia, le merci con Mercitalia, è stato rivalutato nell’ultimo Consiglio di amministrazione (Cda) di marzo che ha licenziato il bilancio con una perdita di 562 milioni di euro. Il tonfo dei conti, prevedibile con la pandemia e la sospensione della mobilità, è stato attutito dai 953 milioni di euro di ristori pubblici. Altri 406, stanziati, aspettano il nullaosta dell’Unione europea.

 

Per Gianfranco Battisti, l’amministratore delegato del gruppo Fs, l’obiettivo più arduo da raggiungere è il rinnovo del mandato a maggio quando ci sarà l’assemblea degli azionisti, o meglio dell’azionista Tesoro. Al contrario non ha tribolato per ottenere in Cda il premio di risultato 2020 per sé e i colleghi dirigenti. «Dopo la delibera del Consiglio, adesso si attende il formale passaggio del bilancio col Tesoro», sostengono, e tentano di frenare, le fonti ufficiali di Fs. Lo stipendio di Battisti ha una parte variabile di 125.000 euro, l’ammontare totale è di 770.000. Nella relazione finanziaria del gruppo, a caratteri per ipovedenti a pagina 41, c’è scritto che il compenso dell’amministratore delegato è di 90.000 euro, cioè sotto il tetto di 240.000 euro imposto ai manager di società pubbliche non quotate in Borsa, ma seguendo la nota 9, abilmente redatta in stile bugiardino ostrogoto, si ricostruisce l’ingaggio: «Gli emolumenti annui lordi complessivamente riconosciuti all’amministratore delegato e direttore generale sono pari a 770.000 euro, comprensivi, per la carica di ad, dell’emolumento riportato nella tabella di cui sopra (parte fissa e parte variabile, quest’ultima da corrispondere al raggiungimento di obiettivi annuali oggettivi e specifici definiti dal Cda di Fs spa, su proposta del comitato per la remunerazione e le nomine) e, per la posizione di dg, di 580.000 euro come parte fissa e 100.000 euro come parte variabile». Siccome emette obbligazioni, il gruppo Fs si attiene alle regole di mercato e può sforare la soglia di 240.000 euro degli stipendi.

 


Battisti e altri 941 dirigenti su 999 (i 57 che mancano hanno contratti diversi), dopo il parere del Comitato interno per le remunerazioni che ha vagliato criteri adatti a una pandemia, hanno diritto al premio di risultato: la spesa nel 2020 fu di «circa 22 milioni di euro», per le stime delle fonti ufficiali di Fs, «e nel 2021 non sarà superiore». Anziché fornire cifre vaghe o indurre a calcoli empirici, Fs dovrebbe illustrare con precisione la mole dei premi erogati: non esistono limiti di interessi aziendali né parametri sensibili (a cosa?). Alla Corte dei Conti, che nell’analisi alla gestione del 2018 aveva fissato la retribuzione media dei dirigenti del gruppo a 136.000 euro, Ferrovie di Battisti aveva garantito la migliore trasparenza: «La società avrà cura di dare massima pubblicità del numero e del valore dei premi assegnati - si legge nel documento dei magistrati contabili - a seguito dei risultati raggiunti in termini di performance in linea con gli obiettivi definiti dall’azionista».


A differenza dei 942 dirigenti su 81.409 dipendenti (nel 2019 erano 83.764) che hanno scoperto una lieta sorpresa del 2020, macchinisti, operai e impiegati soprattutto di Trenitalia, per diverse settimane, non hanno potuto beneficiare di straordinari o festivi. Nel 2019 c’erano 300 treni giornalieri di alta velocità sulle tratte a lunga percorrenza, soltanto nel giugno 2020 si è ripreso a viaggiare con 100 treni di alta velocità con una capienza ridotta della metà. Trenitalia è stata la società più colpita dalla pandemia con introiti dimezzati, per l’esattezza da 5 a 2,6 miliardi di euro. Il 16 aprile è partito da Roma il primo Frecciarossa per Milano con i passeggeri testati con tamponi rapidi per il Covid-19. L’alta velocità è il mestiere di Battisti, un settore assai florido e in espansione che ha seguito dal lancio fino al 2017. Col governo gialloverde fu nominato, tre anni fa, amministratore delegato su indicazione dei Cinque Stelle, mentre la presidenza fu assegnata alla Lega con Gianluigi Vittorio Castelli. Battisti ha il merito di piacere ai Cinque Stelle, a Forza Italia e pure al Vaticano. Ha il lato sguarnito sui dem di Enrico Letta, una parte consistente della Lega e non dispone più di un premier amico, anche se l’amico Giuseppe Conte può indirizzare i Cinque Stelle.

Battisti si è preparato da tempo, è molto concentrato sul rinnovo. Si è parlato tantissimo dei 9 miliardi di euro di investimento e dei miracolosi effetti sul prodotto interno lordo e pochissimo dei quasi 1,4 miliardi pubblici e di una scontata compressione dei ricavi. Chissà se tutto questo basterà a convincere il governo Draghi a promuovere l’operato di Battisti.

 

 

Il prossimo Cda di Ferrovie dovrà impostare e attuare i progetti finanziati dai fondi europei che oscillano da 30 a 40 miliardi di euro. Come dicono quelli bravi: è una scelta strategica. Invece Battisti deve puntare a un Draghi che non sceglie e anzi preferisce, per tenere composta l’indisciplinata e variegata maggioranza, confermare la maggior parte dei vertici aziendali in scadenza. Una buona notizia per Battisti arriva dal ministero del Tesoro: Egon Zhender e Key2people sono le società - i cacciatori di teste - che dovranno valutare i profili dei Cda. Egon Zhender fa lo stesso lavoro per gli assunti del gruppo Fs. Se fosse chiamata a esprimersi su Ferrovie sarebbe stupendo. L’imprenditore Aurelio Regina è il più noto referente italiano di Egon Zhender e vanta un antico rapporto con Battisti. Tant’è che nel mondo dei pensieri ad alta velocità, troppa velocità, si fantastica sulla coppia Battisti e Regina: il vecchio amministratore delegato e il nuovo presidente. Questi sono obiettivi troppo ambiziosi. Mica si tratta dei premi per il 2020.