Su Rai Uno troppa allegria e un format improbabile. Che poggia interamente sulle spalle dell’attrice. Ma il talento, innegabile, non funziona su tutto

C’è una sorta di accanimento terapeutico con cui Rai Uno accartoccia le possibilità e si ostina a gettarle dove capita. L’ultimo plateale esempio è dato da “Canzone segreta”, programmone, per dirlo alla Frassica, del tutto insensato affidato all’entusiasmo di Serena Rossi. Che di suo sarebbe una delizia, capace, sorriso non finto (che di questi tempi rasenta il miracolo), espressiva, una gran voce e una sotterranea verità di modi che non può che renderla adorabile.


Ma si sa, non tutti nella vita possono fare tutto, anzi a dire il vero questo non riesce quasi a nessuno, se non si considerano le gesta variegate di Leonardo Da Vinci e del vampiro Edward Cullen. Così Serena Rossi, attrice e cantante, interprete lodevole e lodata di fiction assai amate e di film di un certo gusto, si ritrova alla conduzione dell’improbabile format di prima serata, un “emotainment” che in fatto di esaltazione preventiva è stato secondo solo a Sanremo, da cui non a caso è stato lanciato con enfasi.

Su un palco dalle dimensioni ridicolmente esagerate, viene lasciato un Vip a caso, senza filo conduttore alcuno, a cui viene organizzata una sorpresa, talmente segreta e talmente a sorpresa che in genere viene seguita da mogli, mariti, parenti, congiunti. Al massimo grado di separazione è dato dall’amico fraterno.

 

Ma il corpo vivo del programma è la pausa tra un’esibizione e l’altra. L’ospite si ritrova accomodato al buio, in silenzio, nella dolce attesa che cominci lo spettacolino a lui dedicato per diversi minuti, passando così dall’emozione all’imbarazzo spinto e alla fine, dopo la lacrima di rito, viene riportato sul palco dove si commenta in allegria (molta allegria) lo show appena visto. Un po’ come quando a Miss Muretto arriva lo sponsor, in genere il ferramenta all’angolo, per consegnare il premio. Il tutto circondato da un’atmosfera che si vorrebbe scanzonata ma che in realtà è solo casuale, con microfoni dimenticati dietro le quinte, risatine di rito perché «Scusate ma questa non l’abbiamo provata», come se fosse una scusa accettabile in una prima serata di Rai Uno, e un’euforia forzata a cui Serena Rossi deve sottostare, anzi farsene promotrice. E non si capisce bene perché. Perché un talento, per quanto versatile debba lanciarsi a corpo morto nella conduzione quando potrebbe fare altro con agio, portando sulle spalle la pesante fiducia del direttore Coletta che l’ha nominata la «grande speranza» della rete ammiraglia che naviga in acque a dir poco agitate.


Lo diceva Flaiano: «Il peggio che può capitare a un genio è di essere compreso».