A giugno avevamo messo in copertina il caso della Ricicla Trentino 2 dove da anni i lavoratori, tutti africani, andavano avanti con contratti precari. Ora un accordo prevede la loro stabilizzazione

Li avevamo chiamati “Gli sfruttati del Green” nel giugno scorso. E oggi, finalmente, questa etichetta per i 27 lavoratori della Ricicla Trentino 2 srl è vicina a scomparire.

Nel pomeriggio di giovedì 21 ottobre è stato infatti firmato un accordo con cui vengono stabilizzati tutti i lavoratori della società che da anni lavoravano con contratti interinali mensili. Al tavolo siedevano rappresentanti dell'azienda e del sindacato USB Lavoro Privato del Trentino, che per mesi ha dato voce ai bisogni degli operai. Una voce finalmente ascoltata, una lotta che si è conclusa con l'impegno all'assunzione diretta con contratto a tempo indeterminato. Cominciata a luglio, la trattativa è stata fitta ma rapida, in proporzione alla lunghissima precarietà subita da questi lavoratori.

 

Come raccontato da L'Espresso a giugno, gli operai – tutti africani, tutti cosiddetti “lavoratori svantaggiati” – avevano contratti che venivano rinnovati di mese in mese. Una pratica che andava avanti da anni: otto, dieci, anche tredici, secondo i casi. Una macchia sul civile Trentino, che si fa vanto di una sensibilità speciale verso il tema del Green e che è ai vertici delle classifiche nazionali della raccolta differenziata. Questo è l'ambito in cui operano i lavoratori di Ricicla: turni di sette ore per separare plastica, metallo e vetro, materiali che corrono su nastri trasportatori.

 

Subito dopo l'uscita dell’articolo dell’Espresso, la politica si è mossa. Tardivamente ma con un'efficacia oggi evidente. Proprio il giorno dopo il sindaco di Trento, Franco Ianeselli, pubblicava un lungo post su Facebook esprimendo, oltre all'imbarazzo, il desiderio di far dialogare le parti per risolvere la situazione. Paragonava il Trentino all'Alabama e scriveva: “Che senso ha il nostro Trentino green, se dietro la facciata dell'ecologia si calpesta la dignità dei lavoratori?”. Lo stesso 28 giugno la capogruppo Pd al Consiglio provinciale, Sara Ferrari, depositava un'interrogazione in Consiglio per chiedere chiarimenti ed eventuali verifiche.

 

In quella settimana c'è stato anche il fuoco: un incendio, nella notte tra sabato 3 luglio e domenica 4, mentre la fabbrica era vuota e quindi senza procurare feriti. La causa, nonostante le indagini, non è mai stata comunicata pubblicamente. E già il 23 luglio la trattativa ha avuto inizio, in presenza dei sindaci di Trento e Lavis (il comune dove la fabbrica ha sede) a mediare tra i rappresentanti dell'azienda e del sindacato Usb.

 

Fin qui si era vista la sostenibilità ambientale e un sano approccio ecologico laddove, invece, le relazioni tra uomo e ambiente erano tutt'altro che sane e sostenibili. L'accordo riassesta le cose. Stabilisce che i ventisette lavoratori verranno assunti a scaglioni, dal novembre 2021 a novembre 2022, in ordine di anzianità di servizio.

 

Per Kanda, per esempio, significa firmare tra qualche giorno un contratto a tempo indeterminato dopo tredici anni di lavoro nella stessa azienda. Tra i punti chiave c'è poi il passaggio da 35 ore a 32,5 ore settimanali, di fatto alle stesse cifre.

 

Probabilmente il maggiore cambiamento è nell'orizzonte di possibilità che si apre per queste ventisette persone: non stare appesi a un rinnovo mensile, avere più garanzie da portare mentre si cerca un affitto e soprattutto far sì che un ricongiungimento familiare non sia inimmaginabile. Alla fine a loro è andata bene. Resta la storia di un caso tutt'altro che locale, capace di mostrare come tra le pieghe del lavoro interinale in Italia – nella più limpida legalità – possano consumarsi condizioni di lavoro non dignitose.