Dopo la condanna dell’assassino di Sarah Everard i cittadini britannici manifestano per inserire sesso e genere nella lista delle categorie protette. Ma si scontrano con le posizioni del governo che appaiono confuse

«La misoginia è assolutamente sbagliata. Che sia perpetrata da un uomo nei confronti di una donna o da una donna nei confronti di un uomo». Il ministro della Giustizia britannico, Dominic Raab, lo stesso che ha affermato che le femministe sono «insopportabili bigotte», ha le idee confuse.

Dopo la condanna all’ergastolo nei confronti di Wayne Couzens, l’agente che sfruttò la sua autorità per stuprare e poi uccidere Sarah Everard, nel Regno Unito si sono levate sempre più rumorose le voci di chi vorrebbe la misoginia ascritta alla lista dei crimini d’odio. Ma la strada sembra ancora lunga, e irta di ostacoli e pregiudizi.
Già un anno fa la “Law Commission”, organo consiliare indipendente che aspira a una legge «giusta, moderna, semplice ed economica», aveva proposto di inserire sesso e genere tra le categorie protette che caratterizzano i crimini di odio in Inghilterra e Galles insieme a razza, religione, orientamento sessuale, disabilità e “transgender status”. È lo stesso principio alla base del disegno di legge Zan. E se quest’ultimo è rimasto impantanato in Senato, ostaggio di emendamenti derisori, la proposta della Commissione, su spinta di diverse organizzazioni e della parlamentare Stella Creasy, è stata trasformata in emendamenti a una proposta di legge nella  House of Lords. Ma il governo e la maggioranza conservatrice britannici non sembrano disposti ad accogliere la richiesta.

 

I leader conservatori, per esempio, stanno respingendo le richieste di sostituzione di Cressida Dick, il capo del dipartimento in cui militava Couzens. Il Primo Ministro Boris Johnson ha affermato che allargare il perimetro della perseguibilità dei crimini contro le donne graverebbe sul lavoro delle forze dell’ordine. Il ragionamento ha confuso gli attivisti. «Da quando abbiamo considerato la portata di un problema come una scusa per non combatterlo?», chiede Ruth Davison, direttrice esecutiva di Refuge, una onlus che fornisce supporto a donne e bambine vittime di violenza domestica.

Le statistiche come nel nostro Paese sono impietose. Secondo il sondaggio di UN Women Uk, l’86 percento delle ragazze tra i 18 e i 24 anni ha subito una violenza sessuale, quasi un terzo ne subisce una nella propria casa. Più o meno ogni tre giorni una donna è uccisa da un uomo. Parlando invece degli abusi sessuali perpetrati dagli agenti di polizia, tra il 2012 e il 2018 su 600 accuse solo 119 sono state accolte

Questi dati, il presupposto che l’abuso nei confronti di una donna sia radicato nella condizione di inferiorità nella società, e, pur non ignorando la violenza subita dagli uomini, la maggiore severità e impatto degli atti di misoginia, hanno spinto gruppi di attivisti a mobilitarsi negli ultimi giorni. A chi, come il premier Johnson, obietta che bisognerebbe prima implementare gli strumenti a disposizione della polizia – meno del 2 percento dei casi di stupro in Inghilterra e Galles risultano in una persona perseguita – Marian Duggan, professoressa di criminologia all’Università di Kent, risponde che lo status di crimine d’odio costituirebbe uno strumento simbolico che sposterebbe il focus dalla vittima, vexata quaestio anche in Italia, all’aggressore.
 

Ad ispirare queste richieste è anche l’esperimento del dipartimento di polizia di Nottinghamshire, che nel 2016 è stato il primo a trattare la misoginia, dal catcalling ad avances sessuali invadenti, come un crimine d’odio. I risultati parlano chiaro: uno studio condotto dall’Università di Nottingham su 591 persone dal Nottinghamshire, due anni dopo l’adozione di questo metodo, ha rivelato che più del 95 percento degli intervistati considera comportamenti inappropriati nei confronti delle donne, e trattati come crimini d’odio misogino, un problema per la società. L’87 percento pensa che il cambio di policy sia una buona iniziativa. I sudditi britannici, al contrario di chi li governa, hanno le idee chiare.