Dal 21 gennaio online foto, video e testimonianze personali sul Partito comunista italiano. L’iniziativa congiunta delle fondazioni Gramsci e Berlinguer

Il Pci è morto, lunga vita al Pci. La formula con la quale nelle monarchie si annuncia la morte del Re e lunga vita al suo successore, sembra attagliarsi perfettamente a questa celebrazione dei cent’anni del Pci che contiene una sorprendente novità che Ugo Sposetti, presidente della Associazione Enrico Berlinguer, custode della memoria comunista, annuncia così all’Espresso: «Dal 21 Gennaio il Pci continua a vivere sul web, con un portale che abbiano creato insieme alla Fondazione Gramsci (www.centoannidelpci.it). Nessuna operazione nostalgia, per carità. Vogliamo però fare conoscere a chi non c’era e ricordare a chi c’era la straordinaria storia del Pci e dei comunisti italiani. È il frutto di un lungo lavoro che è stato fatto dalle fondazioni create dopo la nascita del Pd: la sua eredità non è fatta solo di patrimonio immobiliare ma soprattutto di una immensa raccolta di documenti, immagini, testimonianze. E dal 21 gennaio chiunque lo voglia può collegarsi e raccontare la propria storia di militanza. Ai contenuti originali si affiancheranno i contenuti più istituzionali tratti dai materiali della mostra “Avanti popolo-Il Pci nella storia d’Italia” e che andranno a comporre una cronologia del Pci per immagini e video e una sezione tematica».

E poi c’è il cinema e in generale il mondo della cultura: «Nessun partito politico è stato oggetto di narrazione in modo così costante da parte della cultura di questo paese», dice Sposetti che fa un lungo elenco dai film “I Sovversivi” a “Uccellacci e uccellini” a “Palombella Rossa”, da “Don Camillo” a “La patata bollente”, ai documentari come “Addio a Togliatti” o “I funerali di Enrico Berlinguer”.

A cosa si deve tanto interesse? «Al fatto che non si tratta tanto della biografia del Pci quanto dell’autobiografia di una nazione che oggi si accorge quanto sia stato devastante demolire i partiti politici. La storia del Pci è dentro la storia di un’Italia dove i partiti erano radicati e rappresentavano le grandi masse popolari, portavano le loro istanze nelle istituzioni ma selezionandole: credo che, guardando quanto succede oggi con l’assalto lobbistico alle risorse del Recovery Fund, anche i grandi gruppi editoriali e i commentatori che hanno guidato l’assalto al sistema dei partiti riflettano. Ecco, forse tanto interesse nasce anche da una sorta di senso di colpa per quella stagione».