Suocere, perdono, lacrime e televisione materna: il programma di Canale 5 parla furbescamente alla pancia di un Paese incapace di aggiornarsi

Sono passati vent’anni dall’apertura della prima busta ma la Storia ha fatto finta di non aver fatto nessun passo avanti, ancorandosi con ostinazione in un passato che rivive solo in quello studio azzurro. Pause, camminate, un tocco di Dior per un racconto monocorde della pancia di un Paese che non si smuove di una virgola. D’altronde che senso avrebbe rivoluzionare la formula di un programma da record? In termini d’ascolto nessuno, ovvio, ma qualche riflessione al di là di ogni sconforto ogni tanto bisognerebbe pur farsela scappare.

Innanzitutto sul perché una parte d’Italia si senta fieramente descritta da “C’è Posta per Te”, una sorta di “Piccolo mondo antico” con dettagli che Fogazzaro avrebbe copiato volentieri. Dove le suocere sono ancora in guerra con le nuore, le mamme sono sempre delle sante e nel caso incauto in cui osino ricostruirsi una vita dopo l’abbandono del marito, vengono subito considerate indegne dell’affetto filiale.

Nelle storie che sfilano il sabato sera impera la richiesta del perdono, quello assoluto. Ho ragione io chiedi scusa, hai ragione tu, scusa. Finiamola lì. Anche lo strappo estremo del tradimento, in fondo, si può ricucire, per amore dei figli, che seppur ingrati hanno sempre bisogno dell’unità casalinga. Poi ci sono i ricongiungimenti da lontano, quelli con lo strazio del pianto che lascia il volto umido e sgualcito, quel tipo di induzione alla commozione che ha reso le carrambate di Raffaella delle sperimentazioni da dilettante.

Un profluvio di destini interrotti che in un mondo che si vorrebbe digitale affidano il loro futuro al passato ancestrale di un postino in bicicletta. E poi l’emozione del divo visto dal vivo, lo scherzo sulla sessualità degli over che cercano la fidanzatina del secolo scorso, il saluto al sindaco e al farmacista, la risata sugli accenti dialettali, le memorie del villaggio.
Una strana Italia incapace di aggiornarsi, che ancora confida nella Tv materna, pronta a sollevarti dalle difficoltà economiche elargendo premi consolatori, da utilizzare magari per un matrimonio degno, anche questo ben rinchiuso in una busta. E a quella confezione senza cedimenti del tempo, perché quel tempo non l’ha mai avviato, onestamente non daresti un soldo di cacio.

Invece la concorrenza si intimorisce al punto che non solo non scende neppure in campo per cercare un secondo posto ma incensa appena possibile la cosiddetta regina, cercando di intercettare un suo sguardo di approvazione negli studi di viale Mazzini e dintorni. Che lei, sì furbamente ben ancorata al presente, elargisce con magnanimità. Accettando sempre l’invito.