Il sistema rappresentativo, imperfetto ma prezioso, oggi è assediato in tutto il mondo dagli autoritarismi vecchi e nuovi. Questo attacco in Italia avviene con la “riforma” su cui voteremo il 20 settembre prossimo

Il sistema democratico-rappresentativo costituisce oggi l’estrema linea di confine oltre la quale si riescono a intravedere soltanto il vuoto o la catastrofe. Anche chi nei lunghi decenni precedenti ha pensato a forme radicalmente diverse o fortemente correttive è costretto, di fronte all’evoluzione dei tempi e dei fatti, a raccogliersi nell’affermazione precedente.

Come mai? Ma perché se si vuole, o si volesse, unpotere il più possibile (si tratta com’è ovvio pur sempre di stime relative) vicino a desideri e volontà dei “cittadini”, il voto e la conseguente scelta degli eletti sembra (sembrerebbe) il sistema migliore e più efficace (oppure meno equivoco e rischioso) di “rappresentarne” la volontà e i desideri. Inoltre: forse è per questo (dato non trascurabile quale premessa del mio discorso) che il sistema democratico-rappresentativo esprime oggi nel mondo una minorità istituzionale assediata e aggredita da tutte le parti.

C’è un sistema democratico-rappresentativo in Cina, in Russia, in Medio Oriente, in gran parte del continente africano, in India, in gran parte dei paesi dell’America latina? Persino dove ha avuto origine e dove persiste come negli Stati Uniti, c’è chi - il presidente Trump, - ne insidia tutti i fondamenti: e non è detto che le resistenze che pure sono in atto siano in grado di contrastarlo fino in fondo (e, naturalmente, le aggressioni e gli attacchi “dall’interno” non sarebbero meno sottovalutabili, come vediamo tutti i giorni anche in casa nostra, se fossimo in grado di allargare ulteriormente questo discorso).

Dire sistema democratico-rappresentativo ed Europa è dunque la conclusione necessaria a cui pervenga un’analisi così rapida e approssimativa come la nostra. Difesa del sistema democratico-rappresentativo e difesa e sviluppo (a livello mondiale) dell’Europa è praticamente la stessa cosa.

Non v’è ombra di dubbio per me che il referendum sulla drastica diminuzione del numero dei parlamentari si muova in direzione contraria a tutto questo, fondamentalmente per tre motivi.

Il primo è che in presenza di un funzionamento stento e difficoltoso delle Camere, invece d’intervenire nel merito (assetto e compiti della Presidenza e delle Commissioni, rapporto Parlamento-Governo, rapporto partiti-Camere ecc.) si addita il nemico nel numero troppo elevato dei parlamentari e lì si attacca il sistema. Il messaggio che universalmente passa è che quanti di meno fossero i parlamentari, tanto meglio sarebbe. E se si sopprimessero tutti non sarebbe ancora meglio? Sullo sfondo questa - e cioè la sostanziale superfluità e inutilità del sistema - è la prospettiva che si affaccia.

Il secondo è che, siccome per motivi di brevità e di fretta, un’elezione referendaria di questa portata viene affiancata, niente di meno!, a elezioni regionali e comunali, questo sta a significare che non c’è motivo di pensare e di discutere, le cose sono già praticamente decise in partenza, si tratta semplicemente di ratificarle. Questo è uno dei motivi per cui i sostenitori del voto del No fanno tanta fatica a uscire dal loro guscio: ormai tutti sanno che la cosa è decisa, a che pro perdere altro tempo?

Il terzo motivo è, penso, più sottile.

Siccome con la nuova proposta il rapporto fra elettori ed eletti aumenta (per essere eletti ci vorranno parecchi voti in più di prima), il nuovo Parlamento sarebbe costituito da un numero di eletti minore rispetto a prima, ognuno dei quali di conseguenza gestirebbe un potere maggiore che in passato. Il Parlamento, cioè, tenderebbe a diventare ancor di più, se già oggi lo è in parte proprio secondo le accuse dei suoi più feroci accusatori, uno strumento di potere e di dominio e non di rappresentanza.

Trovo davvero strano che un partito democratico come il Partito democratico non abbia aperto la minima discussione al proprio interno sulle modalità di sussistenza nel nostro Paese di un gioco politico ampiamente e liberamente democratico. Ma è ancora più strano che proprio i sostenitori più accaniti del taglio dei parlamentari siano a favore di una misura che restringe le basi del potere e riduce gli spazi del rapporto fra eletti ed elettori.

Se le cose stanno così, la mia opinione è che con il referendum sul taglio dei parlamentari si gioca una partita importante, forse decisiva, per le sorti della nostra democrazia rappresentativa (appunto). Forse i giorni residui andrebbero utilizzati meglio, ossia più decisamente, di quanto finora non sia accaduto, per sostenere le ragioni a favore del No.

SCELTA DI CAMPO
A giugno L’Espresso ha dichiarato il suo No al referendum sul taglio dei parlamentari, contro l’impoverimento delle istituzioni e della democrazia. Nei numeri successivi abbiamo dato spazio alle diverse argomentazioni per il No