L'assurda storia di un appuntato di Palermo che invia una lettera per segnalare la mancanza di dispositivi di sicurezza per i colleghi. E per punizione viene spedito altrove e denunciato per diffamazione. Ma alla fine la spunta

Chiede mascherine e dispositivi di protezione per i propri colleghi e si ritrova denunciato e trasferito d’ufficio. Il protagonista: un carabiniere-sindacalista di Palermo. La storia ha un "lieto" fine: è stato sì trasferito, ma in una destinazione a lui gradita. Per ottenerlo però ha dovuto fare causa ai suoi superiori.

La vicenda ha inizio il 20 marzo. Siamo in piena "Fase 1", il lockdown è stato imposto da appena undici giorni. Mentre tutto il Paese è costretto a casa, le forze dell’ordine, poliziotti, carabinieri e militari sono al lavoro, in strada, a verificare che tutti rispettino gli obblighi imposti dal DPCM. E stare in strada, a contatto con la gente, significa un rischio maggiore di essere esposti al coronavirus, e di portarselo a casa contagiando i propri familiari.
 
Per questo il 20 marzo, l’appuntato scelto Franco Sortino, di stanza nel capoluogo siciliano, scrive una lettera, che presto inizia a girare sui gruppi WhatsApp dei militari. Oggetto: "Criticità rilevate presso la Compagnia Speciale". Il testo è eloquente: «Duole constatare che i militari in forza alla Compagnia Speciale di Palermo, impegnati giornalmente nei diversi servizi d’istituto, non vengano dotati delle minime protezioni contro i pericoli da contagio del Covid-19».

Il militare si dice consapevole delle «gravi difficoltà» nel reperire in tutta Italia dispositivi di protezione individuale, ma «non è tollerabile che circa 90 uomini, spesso padri di famiglia, vengano esposti a rischi elevati durante l’espletamento del proprio servizio». Per questo chiede che «ogni militare sia posto nelle condizioni di operare in sicurezza». Sortino firma la lettera non solo come appuntato scelto, ma come segretario provinciale del Sindacato Italiano Militari Carabinieri. Fondato nel gennaio del 2019, il SIM è il primo sindacato legalmente autorizzato nella storia delle Forze Armate e conta più di 3mila iscritti in tutta Italia.
 
La risposta alla sua richiesta arriva a stretto giro, i primi giorni di aprile. E non è stata quella che il carabiniere si auspicava: non gli è stato scritto che mascherine e dpi sarebbero arrivati presto. Scopre invece di essere stato denunciato per diffamazione dal Comandante provinciale per il contenuto della lettera e di essere stato trasferito d’ufficio.
 
Sortino e gli altri rappresentanti del sindacato, appoggiati da "Legali Lavoro", un network di giuslavoristi, decidono di ricorrere a un Tribunale del Lavoro, contestando l’atteggiamento anti-sindacale dei superiori dell’appuntato. Inizia così una disputa legale che si conclude a fine giugno. I giudici favoriscono un concordato: Sortino viene trasferito sì, ma può scegliere lui una destinazione di suo gradimento.
 
«La decisione del tribunale è un evento storico, per noi è stata una triplice vittoria», racconta all’Espresso Antonio Serpi, segretario generale del SIM. «In primis, perché il giudice del lavoro ha accettato la giurisdizione: fare ricorso alla giustizia amministrativa avrebbe significato tempi lunghissimi. E poi perché siamo riusciti a far trasferire Sortino in una sede a cui ambiva». La terza "vittoria" riguarda invece un altro aspetto della vicenda: le "aggettivazioni caratteristiche" (la valutazione di un carabiniere, che incide sulla carriera, ndr) erano state abbassate. «Su questo aspetto è rischiato di saltare il concordato, ma dopo aver parlato con l’avvocatura dello Stato, hanno deciso di annullarle, in autotutela». «Il collega è stato perseguito senza aver fatto nulla», continua Serpi, per cui «questa vicenda non si può definire una intimidazione, ma spiega sicuramente il clima in cui vive chi svolge attività sindacali nell’Arma».

Il SIM poi vuole lanciare un messaggio al Parlamento: «Speriamo che la proposta di legge sui sindacati militari presentata dall’onorevole Corda del Movimento 5 Stelle venga ritirata, e che la politica capisca i danni che ha fatto proponendo una norma antisindacale che si adegua al volere degli stati maggiori, danneggiando 450mila uomini che lavorano nelle forze armate».

In seguito alla pubblicazione dell'articolo, il comando provinciale dei Carabinieri di palermo ha inviato all'Espresso una nota con la propria replica: «La pubblicazione della nota sindacale è effettivamente all’attenzione della Procura Militare di Napoli, che non ha ancora adottato le determinazioni di competenza; il Giudice del Lavoro di Palermo, effettivamente adito con ricorso per attività antisindacale ex art. 28 dello Statuto dei Lavoratori, non si è pronunciato sulla questione, dichiarando la “cessata materia del contendere”, su richiesta delle parti;         il militare in questione, inizialmente trasferito ad altro incarico a seguito della “nota sindacale” che contestava l’operato dei superiori gerarchici, è stato ritrasferito nella stessa precedente caserma, ma non nello stesso incarico (per il quale permanevano i motivi di incompatibilità). Questo ulteriore trasferimento, in incarico gradito all’interessato, è avvenuto su propria istanza amministrativa, secondo la procedura ordinaria usualmente adottata, ma non per disposizione del Giudice del Lavoro, che non è entrato nella vicenda; il giudizio valutativo del militare in questione è stato annullato per vizi di legittimità formale e non è stato ancora riformulato nel merito».