Giacinto d’acqua. Senecio. Ailanto. Piante infestanti arrivate per caso approfittano dell’aumento di temperatura per invadere le campagne: la tropicalizzazione del clima le porta a riprodursi senza limiti. E sradicarle non basta più

Lo scenario ricorda alla lontana quello de “Il giorno dei trifidi”. Nel mitico romanzo del 1951, lo scrittore britannico John Wyndham immagina che una specie arborea invasiva (“I trifidi” appunto) conquisti la Terra e soggioghi il genere umano. Semoventi e dotati di un pungiglione velenoso, i trifidi si diffondono con estrema rapidità, rivelando a poco a poco la loro natura carnivora - e in ultima istanza antropofaga.

Postilla di rassicurazione: non siamo a rischio di venire divorati da qualche vegetale alieno. Tuttavia, oggi le specie arboree invasive minacciano i nostri eco-sistemi, distruggono la biodiversità e in alcuni casi sono anche potenzialmente dannose per la salute. Nel mutato scenario climatico, sono sempre di più le piante alloctone che proliferano alle nostre latitudini. Alcune si adattano in modo pacifico, altre diventano veri e propri bulldozer che scalzano le specie autoctone e mettono a rischio la sopravvivenza degli ambienti naturali.

È il caso del giacinto d’acqua, pianta galleggiante dal bel fiore viola originaria dell’Amazzonia. Importata come specie ornamentale, ha colonizzato fiumi e laghi in mezzo mondo. Negli Stati Uniti, già cent’anni fa aveva talmente invaso il Mississippi con il suo tappeto di foglie da bloccare la navigazione dei battelli a vapore. Anche da noi sta prendendo piede in vari corsi d’acqua, in particolare in Sardegna, ostacolando il transito di barche, rendendo impossibile la pesca e pregiudicando lo sviluppo di ogni forma di vita negli strati inferiori, poiché impedisce il passaggio di luce e ossigeno.

Altro alieno pericoloso è il senecio. Arrivato dal Sudafrica probabilmente con qualche seme in un carico di lana grezza, è un’erbacea perenne dai fiori gialli, che si diffonde rapidamente grazie alla sua facilità di adattamento in terreni incolti. Essendo tossico, sia per gli esseri umani che per gli animali da pascolo, andrebbe tenuto sotto stretto controllo.

Ma la più diffusa specie invasiva è l’ailanto. Chiamato albero del paradiso per la sua chioma che si estende fin quasi a toccare il cielo, è ormai presente in gran parte delle nostre città. Originario dell’Asia, ha colonizzato territori interi grazie alla sua capacità di produrre una quantità di semi colossale (300mila ogni albero). Dove c’è l’ailanto, non cresce altro: la flora originaria è letteralmente sopraffatta.

Queste piante vengono spesso sradicate, con grande dispendio di risorse. Ma bisognerebbe giocare d’anticipo ed evitarne la diffusione. Così, l’Unione europea ha stilato una lista nera di specie di cui è vietato l’ingresso. In Italia, l’Ispra ha lanciato un piano di sensibilizzazione presso l’opinione pubblica. Secondo l’ente, la presenza di “organismi alieni” nel nostro paese è aumentata del 96 per cento negli ultimi 30 anni.

Nell’elenco ci sono piante e animali, alcuni importati deliberatamente, altri sbarcati grazie agli scambi commerciali o attraverso le vie di navigazione, come il canale di Suez. Arrivando, trovano condizioni favorevoli grazie alla crescente tropicalizzazione del clima. Se la situazione è ancora lontana da quella descritta da Wyndham, è bene tuttavia tenerla d’occhio: a oggi, secondo la comunità scientifica, le specie aliene sono una delle principali minacce alla biodiversità.