Ogni settimana sull'Espresso un termine commentato da una grande firma

La bussola indica il Nord. Se non lo fa non significa che il Nord è sparito, ma che la bussola è rotta. La bussola è diventata una metafora per dire l’essere umano e la sua capacità di orientarsi nel mondo alla luce di valori e significati certi. Un uomo disorientato è scombussolato perché ha «perso la bussola». Poi l’uomo, specialmente con la Seconda Guerra Mondiale, ha cominciato a usare il radar alla ricerca di un oggetto. E anche il radar è diventato una metafora dell’essere umano che non dà nulla per scontato, neanche che la sua vita abbia un senso. Ed ha cominciato a cercalo. Da qui anche l’attesa di Godot e tante pagine della grande letteratura del Novecento.

E oggi? L’immagine più esplicativa è forse quella dell’uomo che si sente «perso» se il suo cellulare non «prende». Perché, se non c’è connessione, non ci arrivano più i messaggi e le notifiche. Così viviamo bombardati dalle notifiche dei messaggi. È l’ora di pranzo e sei fuori città? Una app ti invierà un messaggio consigliandoti dove mangiare prima che tu abbia fame. Vuoi leggere un libro? Una app ti consiglierà il libro giusto prima che ti venga in mente di cercare una buona lettura. Google, Amazon, Tripadvisor,… tutti tendono a rispondere alle nostre domande prima che noi le poniamo. E poi chi fa più caso alla sintassi della domanda su Google? Il punto interrogativo è ormai fuori uso. Viviamo nel regime delle risposte automatiche. Chi poi è alla ricerca di un consenso, sia esso pubblicitario o elettorale, tende a lanciare messaggi facendoli sempre passare come risposte alle «domande della gente».

Per restare umani è allora fondamentale imparare a riconoscere le domande vere e importanti sulla nostra esistenza e sul nostro vivere insieme. Dobbiamo riattivarle, strappandole agli algoritmi e ai populismi. È un lavoro spirituale, complesso, che richiede una grande sensibilità, una grande umanità.