Ogni settimana sull'Espresso un termine commentato da una grande firma

Sinodo significa «camminare insieme». Nell’antica Grecia, come ci attesta Polibio nel II sec. a.C., identificava un’assemblea di carattere politico. La democrazia è un «cammino» fatto insieme. La parola poi è stata assunta dal vocabolario teologico ed ecclesiastico (ad esempio per il «sinodo dei vescovi») e non è più stata usata laicamente.

E invece sinodo - oggi più che mai - deve tornare ad essere anche parola laica e civile.

Si fa sempre più fatica a camminare insieme. La nostra vita sociale e politica mette al centro l’io virale e megafonico. L’«uno vale uno» pare sia finito per certificare la perdita del valore proprio dell’addizione. Crediamo solo nella moltiplicazione dell’io medesimo. Il leader politico è diventato un numero primo che catalizza il consenso ma resta divisibile solo per se stesso, senza relazioni di partecipazione e condivisione. E così finisce per rispondere solo all’istinto, e a parlare per urli primitivi (o qualcosa di molto simile).

Il sinodo parla del potere, ma ne offre un approccio radicalmente diverso. È fatto di somme, di molteplicità, di differenze accolte, di ascolto, di tratti di strada condivisi e pure a ritmi diversi, di pause. Una cosa però è chiara: non si fa «sinodo» né per contratto né per ricetta, ma solo se ci si pensa dentro un futuro comune, da costruire insieme.

Se si hanno rospi in pancia, il «camminare insieme» è pure terapeutico: li fa saltar fuori e non li comprime dentro la pancia per paura di guardarli in faccia. Se non ci liberiamo dalla paura siamo spacciati.

Papa Francesco nel 2015, parlando a L’Avana, ha ricordato che una volta era andato in visita in un’area molto povera della capitale argentina. Il parroco del quartiere gli presentò un gruppo di giovani che stava costruendo alcuni locali: «Questo è l’architetto, è ebreo, questo è comunista, questo è cattolico praticante, questo è…».

Commentò il papa: «Erano tutti diversi, ma tutti stavano lavorando insieme per il bene comune». Questa è sinodalità. Francesco la chiama pure «amicizia sociale», che sa coniugare i diritti con la responsabilità per il bene comune. E a Cuba aggiunse: «Un Paese si distrugge per l’inimicizia… uccidendo la capacità di unire». Un monito per noi oggi.