Ogni settimana sull'Espresso un termine commentato da una grande firma

In questi giorni di caldo micidiale, la sporcizia che sommerge Roma, e il tanfo putrido che aleggia sulle sue strade, hanno raggiunto limiti che non sono più sopportabili. Altrettanto insopportabile è lamentarsi di questo stato e non andare oltre, puntando alla radice del problema. Come pure è insopportabile non comprendere che l’Italia non può che ripartire da Roma, da una battaglia che la liberi dal malgoverno, e da questa incredibile forma di torpore in cui è da tempo irretita.

Com’è possibile che i grandi giornali e i partiti d’opposizione non dichiarino ogni giorno, a titoli cubitali, l’intollerabilità della vita nella capitale d’Italia? Eppure il coma è uno stato prossimo alla morte. Com’è possibile che la cittadinanza non scenda in piazza, guidata da un’opposizione, e da una leadership, che voglia intestarsi la lotta per spazzare via chi ritiene Roma solo un ostaggio muto, una comunità di masochisti infinitamente disponibili all’abominio e alla sevizia? Qualche giorno fa se lo chiedeva sulle pagine del Foglio Giuliano Ferrara e credo sia giusto dar seguito al suo appello. Un’opposizione che non capisce che la rinascita inizia da Roma non può avere un futuro politico. Un’opposizione che non è in grado di guidare il malcontento nato intorno al fetore di morte che incombe su Roma è già morta. E credo che anche quel che resta del nucleo pensante dei 5 Stelle debba porsi questo dovere morale, e debba farlo prendendo atto che la Raggi è stato un sindaco totalmente inadeguato, che ha miseramente fallito il suo mandato.

«Una città può passare attraverso catastrofi e medioevi, vedere stirpi diverse succedersi nelle sue case, veder cambiare le sue case pietra per pietra, ma deve, al momento giusto, sotto forme diverse, ritrovare i suoi dèi». Questo è un pensiero di Italo Calvino ed è tratto dalle Città invisibili. Pensiero alto, che ci racconta come l’uomo non possa adattarsi a convivere con la propria merda, essendo il suo sforzo, da sempre, rivolto a ricomporre, nella rovina e nello sfregio, l’effigie del dio che è custode dei luoghi e della vita. Per noi, qui e ora, si è invece avverata la profezia di Giorgio Manganelli: Roma è ormai una enorme latrina a cielo aperto.