L'ex governatore e ministro dell'Interno leghista ha risposto alle domande dell'Espresso. Una lunga intervista sui 49 milioni, sui soldi, sui rapporti con la Russia, sul futuro del partito. E su che che cosa diventerà il governo dopo il voto del 26 maggio: «E' Giorgetti, l'uomo del momento»

«Cosa accadrà dopo il 26 maggio? Si chiuderà la Seconda Repubblica. Come la Democrazia Cristiana di fatto sparì dopo le elezioni del ’94, così potrebbe succedere a Forza Italia dopo le europee. Giancarlo Giorgetti ha un ruolo strategico, è l’uomo delle relazioni con imprese e finanza. Adesso anche della diplomazia, in particolare con gli Usa. È il consigliere più ascoltato da Salvini. Dopo le elezioni la tenuta del governo dipenderà soprattutto da lui».

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Roberto Maroni rompe il silenzio e, a differenza del ministro dell’Interno, risponde alle domande de L’Espresso nel numero in edicola da domenica e già online su Espresso+ sull’alleanza politica e finanziaria della nuova Lega con la Russia, sui rapporti con gli Usa, sul nuovo nazionalismo europeo, sugli obiettivi politici del partito in Italia. Sul dopo-elezioni, sul futuro della Lega, sui finanziamenti del partito di Matteo Salvini, sui 49 milioni oggetto di truffa.

«Sulla storia della truffa da 49 milioni la Lega era parte lesa, perciò i giudici avevano accolto la costituzione di parte civile che avevo fatto io. Così facendo saremmo stati considerati parte offesa e avremmo tutelato la Lega da azioni risarcitorie. Poi avremmo dovuto chiedere noi i soldi ai condannati. Ovviamente non avrei mai obbligato Bossi a ridarci alcunché, ma in questo modo avrei salvaguardato il partito. Poi Salvini l’ha ritirata, e il partito oggi paga le conseguenze di questa scelta».

L'ex ministro ha poi chiarito il motivo per cui Salvini successivamente, una volta diventato segretario, ha ritirato la costituzione di parte civile. «Io ho denunciato per infedele patrocinio Matteo Brigandì, lo storico avvocato di Bossi e della Lega, c’è una causa in corso. Proprio lui è andato da Salvini a chiedere di revocare la costituzione di parte civile, facendogli sottoscrivere una scrittura privata che impegna il partito a ritirare qualunque pretesa di risarcimento. Io non l’avrei fatto. Avevo detto a Salvini che non ero d’accordo. Ma lui ha fatto una scelta diversa. Diciamo che è stato mal consigliato».

Maroni non esprime, invece, alcun giudizio sulla gestione finanziaria della nuova Lega di Salvini: «I collaboratori di Salvini non sono molto conosciuti tra la base. Il tesoriere: Centemero chi? Boh, si chiedono in tanti».

L'ex governatore leghista ripete che finché Salvini godrà del consenso attuale non ci saranno problemi. «Magari Salvini fa cose poco condivisibili, ma ha portato il partito in alto. Mi auguro che continui su queste percentuali». Ma avverte: «Spero anche che la svolta nazionalista non precluda la questione settentrionale. Se la Lega di Salvini darà risposte ai ceti produttivi del Nord allora vola al 40 per cento. Altrimenti qui si aprirà lo spazio per un movimento nuovo. Io sono della Lega Nord. Nessuno mi può obbligare a iscrivermi a un nuovo partito».

L'intervista integrale su L'Espresso in edicola da domenica 26 maggio e per gli abbonati digitali già disponibile qui.


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