Un estratto del Libro Nero della Lega edito da Laterza

Gli affari privati dei leghisti nella terra di Putin. Una rete di società nate negli ultimissimi anni, dopo l’ascesa al potere di Salvini e il patto con Russia Unita, che siamo riusciti a ricostruire nel dettaglio lavorando insieme ai ricercatori di Global Witness e alla collega giornalista Costanza Spocci. Il quadro che emerge è quello di una rete d’imprese con scarsa attività economica, ma all’interno delle quali si trovano personaggi che uniscono la Lega all’estrema destra, italiana ed europea.

Un filo nero-verde che porta fino a Mosca, alla propaganda pro-Putin e all’ideologo del «fascismo perfetto», il filosofo ortodosso Aleksandr Dugin. Partiamo da un anonimo portoncino marrone, al civico 7 di Furmannyy Pereulok, a Mosca. A pochi passi dall’istituto di cultura italiana, in un palazzo basso, hanno sede alcune società, una di queste molto particolare. Si chiama Orion ed è stata fondata di recente da due leghisti di spicco sulla scena russa, entrambi membri dell’associazione Lombardia Russia. I due sono Gianluca Savoini, ancora lui, e Claudio D’Amico, parlamentare già ai tempi di Bossi, assessore a Sesto San Giovanni, ingaggiato da Salvini a Palazzo Chigi dopo l’ultima tornata elettorale con il ruolo di consigliere strategico e uno stipendio pubblico di 65 mila euro l’anno. D’Amico è stato incaricato dal vicepremier di mantenere i rapporti con i partiti esteri. Soprattutto con la Russia, nazione che il politico lombardo segue da anni.

Nel 2014 è stato lui il regista ufficiale dell’incontro tra Putin e Salvini, quando il Capitano era da poco diventato segretario. Ma D’Amico è stato soprattutto uno degli osservatori internazionali presenti al referendum per l’annessione della Crimea a Mosca, un momento delicatissimo nei rapporti tra Russia e Occidente. Due anni dopo quel referendum, nel 2016, D’Amico e Savoini hanno fondato a Mosca una società privata. Oggetto sociale: consulenza. Il bilancio dell’azienda indica che qualche attività economica è stata realizzata, poche decine di migliaia di euro.

Sicuramente D’Amico finora non ha mai dichiarato la proprietà della Orion in Italia, come invece ci sembra avrebbe dovuto fare secondo le norme vigenti, essendo un assessore e consigliere di Palazzo Chigi. Resta il fatto che gli uomini di Lombardia Russia si stanno dando da fare per mettere a frutto la rete di imprese anti-sanzioni raccolte intorno alla loro associazione. E stanno provando a fare affari anche con le imprese italiane che vogliono delocalizzare, non proprio il massimo della coerenza per i patrioti salviniani. Allo stesso civico e nello stesso ufficio di Orion è infatti registrata la ItalAgro. Anch’essa avviata nel maggio 2016, si occupa di macchinari agricoli ed è intermediatrice tra acquirenti russi e venditori italiani.

 documenti ufficiali ci dicono che il fondatore è Pasquale Vladimiro Natale, originario di un paesino della provincia di Catanzaro, attivo in affari anche nel paradiso fiscale delle Isole Vergini Britanniche con la società Bergalt Management Inc. A legare la ItalAgro e la Lega non è solo l’ufficio dove hanno sede le aziende ma un nome, quello di Bruno Giancotti, referente dell’impresa agricola italo-russa. Giancotti e la ItalAgro erano in Crimea nel 2015, portati da Savoini con l’associazione Lombardia Russia. Una gita d’affari, una delle tante, per mostrare alle imprese italiane le nuove possibilità di investimento all’estero. Più o meno lo stesso business che stanno cercando di organizzare altri salviniani doc.

Tra il 2017 e il 2018 sono state infatti fondate oltre gli Urali altre due società con azionisti membri fondatori dell’associazione Lombardia Russia: Gianmatteo Ferrari e Luca Bertoni. Ferrari ha creato insieme ad altri soci italiani nel 2018 la Far Global Service e nel 2017 la Global Service International . Oltre a Bertoni, nella compagine azionaria tricolore della Global Service International ci sono Gerardo Catelotti, un imprenditore italiano del settore raffinazione petrolifera, e il bulgaro Hristo Marinov. Non propriamente un businessman, Marinov: è il capo amministrativo del partito di estrema destra bulgaro Attack, una delle tante stelle della galassia euroscettica corteggiata da Putin.

Affari e politica, dunque, dall’Italia alla Russia passando per la Bulgaria. E arrivando fino alla piccola repubblica di Calmucchia, zona meridionale della Federazione, Mar Caspio, l’unico distretto russo a maggioranza buddhista. Lì hanno investito Palmiro Zoccatelli ed Eliseo Bertolasi. Zoccatelli è un leghista dell’associazione Veneto Russia, costola di quella lombarda, ed è anche tra i componenti della onlus Famiglia e civiltà, con la quale ha organizzato eventi pubblici alla presenza sia di Alexey Komov (amico e collaboratore dell'oligarca Malofeev) che dell’attuale ministro della Famiglia, il leghista Lorenzo Fontana. In Russia Zoccatelli risulta tra i fondatori della Agrovenetsiya, con sede appunto in Calmucchia, insieme a Bertolasi, anche lui molto convinto della visione putiniana del mondo, quasi sempre presente nei viaggi di Savoini in Crimea e nel Donbass, collaboratore di vari siti Internet d’informazione in Italia e in Russia. Bertolasi si presenta online come ricercatore di Antropologia all’Università Bicocca, ha studiato russo all’Università statale umanistica di Mosca e scrive anche su «Sputnik Italia», una delle testate controllate dal Cremlino. Come Zoccatelli è membro dell’associazione Veneto Russia, ma anche ricercatore dell’Istituto di Alti studi in geopolitica e scienze ausiliarie (Isag), un think tank fondato a Roma nel 2010.

All’interno dell’Istituto si ritrovano personaggi dell’estrema destra italiana. Come Tiberio Graziani, romano classe 1954, esperto di geopolitica e animatore di diversi pensatoi filo-russi, per anni presidente dell’Isag. Graziani è legato a uno storico volto della destra radicale: Claudio Mutti, professore “militante”, una biografia che si intreccia al neofascismo anni Settanta e incrocia le vicissitudini di altri nomi noti dell’ideologia nera violenta come quelli di Roberto Fiore, Gabriele Adinolfi, Franco Freda. Mutti ha fondato in Italia una casa editrice, le Edizioni all’insegna del Veltro, specializzata in pubblicazioni su temi internazionali. Primo fra tutti quello dell’Eurasia, il megacontinente che avvicinerebbe il Vecchio Continente a Mosca.

Le stesse idee che sostiene oggi pubblicamente il presidente della Federazione erano però già chiare nella testa di Dugin, il Rasputin del Cremlino, il filosofo preferito da Savoini. Dugin sostiene da anni la necessità di costituire un impero euroasiatico contrapposto all’Occidente, definito schiavo dell’America. «Putin è ovunque, Putin è ogni cosa, Putin è assoluto, Putin è indispensabile»: questa la summa del Dugin-pensiero. Appassionato di Julius Evola, in passato leader del partito nazional-bolscevico e simbolo del rossobrunismo internazionale inteso come sintesi delle istanze di sinistra e destra radicale, l’intellettuale moscovita teorizza una filosofia politica basata su un mix di zarismo, tradizionalismo, stalinismo e fascismo. Un’ideologia a cui proprio Mutti ha dato per la prima volta ospitalità in Europa pubblicando con la sua casa editrice, nel 1991, il libro Continente Russia, scritto proprio da Dugin.

La casa editrice di Mutti pubblica oggi una rivista intitolata «Eurasia», periodico fino a pochi anni fa diretto dal suo amico Graziani. E qui torniamo all’Isag, l’Istituto in cui hanno avuto ruoli di spicco Graziani e Bertolasi. «Un’associazione di promozione sociale senza finalità di lucro», si legge sul suo sito Internet. Approfondendo i nomi dei partner dell’associazione si scoprono connessioni dirette con il Cremlino. Nel 2012 l’Isag ha infatti stretto una partnership con la rivista ufficiale del ministero degli Esteri russo. Nello stesso anno è stata firmata un’alleanza anche con Rossotrudnichestvo, il centro di scienza e cultura che, secondo l’esperto Shekhovtsov, è in realtà «il maggior strumento usato dalla Russia per esercitare soft power in Paesi stranieri».

* alla stesura di questo paragrafo del libro ha collaborato Costanza Spocci