Il ritratto nascosto di Dora Maar. Le radici nella pittura bizantina e francese. L’influenza sui contemporanei. A Parigi una grande esposizione rende omaggio all'opera titanica

Il 26 aprile del 1937 Guernica, un paese basco di antiche tradizioni, fu bombardato dall’aviazione nazi-fascista con centinaia di morti. Contributo nefasto dei regimi totalitari alla guerra civile scatenata da Francisco Franco contro la Repubblica, democraticamente eletta e conclusa nel 1939. Le immagini di Guernica fecero il giro del mondo e Picasso ne fu profondamente scosso: lui aveva già inciso nel ’35 “Sogno e menzogna di Franco”, due fogli che sono un tragico fumetto in nove quadri in cui il caudillo è un mostro ripugnante.

Una delegazione della Repubblica chiede al maestro un’opera da esporre nel padiglione spagnolo progettato da José Luís Sert e Luís Lacasa per l’Esposizione internazionale di arti che si preparava a Parigi: un’opera che fosse un’arma simbolica per la difesa della Repubblica. La tela dovrà occupare un’intera enorme sala del padiglione. Picasso comincia a lavorarci nell’aprile del ’37 come testimoniano i primi studi che si vedono nella ricchissima esposizione “Guernica” al Museo Nazionale Picasso di Parigi (fino al 29 luglio) in sintonia con il Museo Nazionale Reina Sofia di Madrid dove oggi si trova l’originale al Gran Cason. La curatrice Émili e Bouvard articola la mostra in 12 sale che vanno dalle fonti di cui si avvale Pablo fino agli effetti che essa ha avuto nel corso degli ottanta anni trascorsi dalla sua creazione. Le dimensioni della tela sono eccezionali: 349,3 per 776,6 cm. Picasso non aveva mai lavorato ad un’opera così grande e deve trasferirsi dal primo maggio (quando l’inizia a dipingere) al 4 giugno (quando la conclude), in un magazzino-atelier al 7 di rue des Grands-Augustins che era appartenuto a Georges Bataille; ma l’altezza non è sufficiente e Picasso è costretto a inclinare la tela e a lavorare su una scala. Come per altro già gli era accaduto.

In esordio il tema non gli era chiaro, ma il titolo lo sceglie dopo il massacro di Guernica. La sua compagna Dora Maar, eccellente fotografa surrealista di origine croata, documenta nei suoi scatti le numerose variazioni che subì la tela su commessa di un editore parigino, Christian Zervos, che acutamente riconosce il potere “magico” di Guernica, il suo carattere di “opera aperta”, cioè non catalogabile in nessun ambito della già ricca produzione del maestro malagueño. Non solo, ma i colori bianco grigio e nero colano dal pennello legato a una mazza e spesso Picasso lascia queste variazioni e i tanti disegni in mostra sono una preziosa testimonianza dell’evolversi dell’opera.

Lavora in modo forsennato e sulla tel a incolla dettagli che in taluni casi rimuove. Primo soggetto che dipinge è il cavallo furioso dalla bocca aperta e grignante trafitto da una lancia; seguono il toro che scruta l’orizzonte alla ricerca di un nemico, tema su cui aveva lavorato nelle incisioni della “Tauromachia” (1935), poi il soldato morto in primo piano, corpi straziati, la donna disperata con il bambino morto che ha tra le braccia sulla sinistra. Il dolore, la disperazione di una donna che piange la cui casa brucia a destra. Nei tratti del volto si riconosce deformata la fisiognomica di Dora Maar. Le donne disperate hanno un posto importante perché sono con i loro bambini le vittime innocenti della guerra. Una sezione è dedicata alle fonti iconografiche: dalle illustrazioni bizantine dell’Apocalisse di Saint-Sever (XI sec.), da Rubens a Poussin a Guido Reni. Attinge dalle incisioni sui “Disastri della guerra” e dalla “Fucilazione del 3 di maggio” di Goya, grande tela che Picasso molto amò. La continuità con il precedente lavoro attinge ai temi delle Tauromachie e delle Minotauromachie. Guernica raffigura un interno ed è inquietante la vena surrealista che affiora: il buio di questo spazio è rischiarato dalla donna che ha in mano un lume. Una donna grida pietà uscendo dalla finestra di una casa in fiamme: unico tema architettonico della composizione, ma ogni parte è pervasa dal sentimento religioso del sacrificio e della violenza. Sono quattro le donne che compaiono in Guernica ed esse sono delle Marie che piangono il loro figlio morto.

La mostra vuole mettere a fuoco il contesto della titanica impresa di Picasso e l’influenza enorme che essa ebbe su tanti artisti e non solo spagnoli: alcune opere dei quali sono presenti in mostra, con la maquette del Padiglione spagnolo di Sert e Lacasa. Dinanzi alla tela solo la “Fontana di Mercurio”, una scultura di Alexandre Calder, uno fra i tanti artisti, letterati, giornalisti, fotoreporter che condivisero la difesa della Repubblica. Malgrado l’impegno spasmodico e i tempi stretti per realizzare Guernica, il pittore trova il tempo di dipingere splendidi ritratti di Dora Maar, della moglie Marie-Thérèse e della loro bambina, di Nusch Eluard.

Picasso si mostrò quasi freddo o disinteressato dalle mille interpretazioni date a Guernica e a personaggi o animali che vi compaiono, anche perché cambia le carte in tavola come un prestigiatore: un’opera altamente simbolica, in cui la malvagità umana è un’epifania dell’imminente guerra, e in cui la vittima sarà sempre meno capace di riconoscere i motivi del suo sacrificio e di chi sia l’aggressore.