Il numero uno del colosso della cantieristica è stato troppo ottimista in una recente uscita. E ora, a un anno dalla scadenza del mandato, deve ricostruire i rapporti con la politica

Le sue ultime parole famose Giuseppe Bono, dal 2002 padre-padrone di Fincantieri, le ha consegnate a “Fortune”: abbiamo lavoro per i prossimi dieci anni, ha gongolato giulivo. Il tempo di riprendere fiato e l’incauto manager di Pizzoni è stato centrato da una tegola devastante.

Il colosso della cantieristica ha perso in Australia una commessa da 23 miliardi. E ora il suo stock di ordini vale 48 mesi. Peppino, che da ragazzo voleva fare il prete (è devotissimo della Madonna di Tagliacozzo) e invece s’è ritrovato operaio, e che un’azienda privata non l’ha mai vista neanche dipinta, è il più inossidabile dei boiardi di Stato, capace di sopravvivere alla bancarotta dell’Efim (dove leggenda vuole abbia assunto un Pierferdinando Casini alle prime armi) e del Psi. Legato a Giuliano Amato, e attraverso lui a Enrico Letta (ma pure a Gianni, via Gigi Bisignani, cognato dell’amicone Manfredi Lefebvre d’Ovidio), aveva una sponda in Claudio Scajola (che lo chiamò in Fincantieri) e un asse con i dioscuri di Matteo Renzi, Luca Lotti e Maria Elena Boschi (grazie ai buoni uffici di Alberto Bianchi).

Ora che è tutto da rifare, Bono (in scadenza nel 2019) non s’è certo perso d’animo, lui che da sempre usa i partiti come taxi. «Auguro buon lavoro al primo governo post-ideologico», s’è genuflesso il 4 giugno. Peppino, oggi nelle grazie di Giancarlo Giorgetti, alla Lega strizza l’occhio fin dai tempi di Bossi, quando fece accomodare il suo tesoriere Francesco Belsito (condannato in primo grado a 4 anni e dieci mesi per truffa ai danni dello Stato) come consigliere e poi numero due del gruppo.

La strada è più in salita con i 5Stelle, inferociti perché nel 2016 Bono si è graziosamente aumentato del 29 per cento lo stipendio fisso. Un passo falso che, c’è da giurarci, non deve essere stato oggetto di critiche poi troppo feroci al vertice (uscente) di Cdp, azionista di controllo Fincantieri: il capo staff di Fabio Gallia si chiama Emanuela. E di cognome fa Bono. Come il papà.

Aggiornamento 10 luglio: La replica di Bono