L'inventore della favola sul fisco amico era stato voluto da Renzi dopo il trionfo alle euopee 2014, ottenuto grazie al voto dei lavoratori autonomi. Poi passati armi e bagagli con 5Stelle e Lega. Ora il capo dell'Agenzia delle Entrate è in cerca di una conferma

Fibrillazione all’Agenzia delle Entrate. Se vuole restare in sella, Ernesto Maria Ruffini deve ottenere una conferma entro inizio settembre.

L’ambiziosissimo avvocato, figlio e nipote d’arte (padre l’ex ministro dc Attilio; prozio il cardinale Ernesto), ci tiene tanto. Così, da un lato cerca trafelato sponde nei nuovi azionisti di palazzo Chigi. E dall’altro cammina rasente i muri: mentre il duo Salvini-Di Maio sparava un giorno sì e l’altro pure un fuoco d’artificio sul fisco, lui è rimasto muto come un pesce, manco non fossero affari suoi: tra l’apertura delle urne e il 19 giugno ha collezionato sull’Ansa un quarto dei titoli ottenuti nello stesso periodo del 2017.

E c’è da scommettere che resterà ben nascosto anche nei prossimi giorni, quando la Corte dei Conti farà le pulci ai trionfalistici dati sul recupero di evasione strombazzati nei mesi scorsi (20 miliardi). In qualunque altro Paese un manager pubblico sbugiardato come un Pinocchio qualsiasi verrebbe messo alla porta. In Italia (180 miliardi di evasione) la figuraccia potrebbe trasformarsi in un viatico per la riconferma.

Ex civatiano, inventore alla Leopolda della favola sul fisco amico, Ruffini era stato capato ?dal mazzo da Matteo Renzi all’indomani del trionfo del 2014, quando il Pd ?era schizzato al 41 per cento grazie al voto (per la prima volta) dei lavoratori autonomi (tasso di evasione al 56 per cento, dice Bankitalia).

Ruffini, che non va dove lo porta il cuore, ma dove gli dice l’azionista, lesto si era adeguato. Mentre si baloccava tagliando auto blu e facendo la fila allo sportello in favore ?di telecamere, sul frontespizio di un documento fiscale aveva fatto stampare una frase di Adam Smith: «Ogni imposta deve essere riscossa nel tempo e nel modo in cui è più probabile che sia comodo per il contribuente pagarla». Chiaro.

Ora uno studio Ipsos sui flussi elettorali alle ultime politiche dice che il 31,8 per cento degli autonomi ha votato Di Maio; il 23,6 Salvini. E Ruffini riprende quota. Quando si dice: l’uomo giusto al posto giusto...