Un vademecum per professori e presidi riaccende il dibattito sui simboli religiosi negli istituti scolastici francesi. Chi sgarra rischia sanzioni fino all'espulsione. Intanto una rappresentante dell'unione studentesca sta facendo discutere il Paese per il proprio abbigliamento

Un vademecum a difesa della laicità, ben 83 pagine di raccomandazioni. Il ministero dell'Educazione francese, guidato da Jean-Michel Blanquer, ha consegnato alle scuole del Paese un documento corposo per salvaguardare il secolarismo nel mondo dell'istruzione. Tanti gli argomenti affrontati, dall'abbigliamento che manifesta una chiara appartenenza religiosa agli atteggiamenti che i docenti devono tenere all'interno delle scuole.

In Francia la questione della laicità nelle istituzioni pubbliche è sempre stato un tema centrale. Già nel 2004, sotto la presidenza Chirac, era stata approvata una legge che metteva al bando il velo islamico. Nel 2016, Najat Vallaud-Belkacem, ministra dell'Educazione del governo Valls, aveva rilasciato un “libretto sulla laicità” con alcune linee guida. Eppure, a distanza di due anni, si è sentita di nuovo l'esigenza di intervenire in questo settore.

Come spiegato da Blanquer in un'intervista al settimanale L'Express, il vecchio opuscolo era «l'alfa e l'omega di ciò che doveva essere fatto per assicurare la laicità», indicava gli atteggiamenti preventivi, senza indicare eventuali sanzioni. Quello nuovo dovrebbe invece rappresentare un punto di partenza chiaro per presidi e insegnanti.

Quali sono dunque le novità? Si diceva dell'abbigliamento. Il velo islamico è stato spesso sostituito dalle ragazze di fede musulmana con delle bandane. Ma anche quest'ultime non saranno ammesse. Stesso discorso vale per i turbanti sikh e le lunghe gonne scure, nel caso in cui non vengano alternate con altri capi. Se, dopo i primi richiami, gli studenti continueranno a infrangere il regolamento, dovranno essere segnalati al consiglio di disciplina della scuola, che potrà valutare una serie di punizioni o, addirittura, l'espulsione.

Il vademecum mette nel mirino anche i cosiddetti “certificati medici di convenienza”, ossia quei certificati rilasciati per giustificare l'assenza delle studentesse che non vogliono mettersi in costume da bagno durante le lezioni di nuoto o in abbigliamento da palestra. Il documento ricorda che «un'assenza per motivi religiosi non può essere accettata. Per l'educazione fisica e sportiva, i certificati medici sospetti devono essere soggetti al controllo del medico della scuola». Vale lo stesso principio per l'educazione sessuale, benché come ricorda L'Express, «l'educazione alla sessualità nelle scuole è spesso insufficiente, quando non è completamente ignorata dagli insegnanti o sfidata da studenti o genitori».

Ma le raccomandazioni non riguardano solo gli alunni. Ai dipendenti maschi che lavorano per il ministero dell'Educazione viene fatto presente che non potranno rifiutarsi di avere una donna come loro capo o di stringere la mano a persone dall'altro sesso solo per ragioni di credo religioso. Maggiore tolleranza, invece, verso i genitori che accompagnano i propri figli in gita scolastica. Questi potranno indossare capi che rimandino a una chiara appartenenza religiosa «a meno che il loro comportamento o i loro discorsi riflettano il desiderio di fare propaganda o proselitismo».

La storia del vademecum inizia lo scorso gennaio, quanto il ministro Blanquer ha nominato un “consiglio di saggi sulla laicità”, un gruppo di esperti con opinioni differenti sul tema, coordinato dalla sociologa ed esperta di storia delle religioni Dominique Schnapper. Il documento esce in un periodo caldo per il governo francese. Pochi giorni fa, la questione del velo islamico è esplosa nuovamente a livello nazionale: la miccia è stata accesa dalla presenza in tv di Maryam Pougetoux, studentessa ventenne della Sorbona e rappresentante dell'Unef, l'unione studentesca più importante di Francia. La ragazza sta manifestando contro l'introduzione del numero chiuso nelle università del Paese. Ma a creare scalpore non è questo, quanto il fatto che Maryam porta avanti la sua battaglia indossando l'hijab.

Il ministro degli Interni Gérard Collomb ha bollato la scelta di indossare il velo come una «provocazione», perché questo indumento sarebbe uno dei simboli dell'Isis, e ha dichiarato: «Non possiamo lasciare che questo sia un segno di volontà identitaria, qualcosa che mostra che si è diversi dalla società francese». Marlène Schiappa, ministro per la Parità di genere, ha rincarato la dose: «La vedo come una forma di promozione dell'islam politico», facendo notare un'incompatibilità tra l'hijab e i valori progressisti che l'Unef porta avanti da decenni. Ma Mryam non ci sta e ribatte in un'intervista a Buzzfeed: «Il mio velo non è un simbolo politico, difendo tutte le donne che vogliano indossarlo o meno. Il femminismo? Non ne esiste uno solo, sono tanti e vari».