Il Presidente è sempre più spesso fuori dal Quirinale. E ovunque parla di politica. Peccato che il Pd non se ne sia accorto
Il Pd non smentisce la sua tendenza suicida neanche di fronte all’iconografia acustica del Presidente Sergio Mattarella. Come si è visto alla prima della Scala a Milano, il Capo dello Stato è stato accolto da una standing ovation turba timpano che sembrava non finire mai. Consolatoria in questi momenti sghembi. Qualche illuso che non ha perduto le illusioni si sarebbe immaginato un commento, una parola di esultanza da parte del partito che l’ha eletto. Neanche un po’, invece. Non si può dire “Mattarella for president” perché lo è già ma si può dire che il Pd ha perso un’altra occasione, la più efficace tra le poche che gli restano.
È vero che il Presidente è di tutti, non sia mai, strumentalizzazioni del genere orripilerebbero per primo l’oggetto del culto. Però al tempo del governo gialloverde, dei gilet, delle parole grossières e grosse, il Capo dello Stato rappresenta la contro tendenza e il suo trionfo. In cima al gradimento popolare e più di tutti i leader di tendenza del momento conduce la contro rivoluzione del consenso al primo posto con un 65 per cento di popolarità (sondaggio di ottobre di Demos&Pi). Piace anche agli elettori del governo bipolare, con quelli del Pd tocca quota 94 e i bookmaker lo danno persino in crescita. Al secondo posto, poco sotto Mattarella, si piazza il premier Giuseppe Conte che sbaglia cravattoni e tinta di capelli e sopracciglia ma non il tono che cerca di ricordare sempre più spesso quello del Colle.
Il giro d’Italia del Presidente ha un ritmo più intenso del solito, Aosta, Merano, Valle Mosso, Trieste Redipuglia, Rimini, Torino, Verona… Quasi a segnalare che c’è un contraltare alla nuova “cattiveria” messa in evidenza dallo studio del Censis, alla politica della chiusura e ai politici da baraccone. I suoi consiglieri pompieri perfetti, estintori professionisti d’interpretazioni osé, dicono che non c’è nulla di cambiato rispetto al suo passo di sempre, fin dall’inizio ha voluto girare nel Paese e far sentire che il Capo dello Stato c’è e ama stare in mezzo alla gente tanto da spalancare i gioielli presidenziali ai suoi concittadini, dal Quirinale all’apertura di Castelporziano ai disabili. Un Presidente del popolo, è stato il suo messaggio dal giorno dell’elezione, con buona pace dell’avvocato del popolo Giuseppe Conte autonominatosi in questo modo non trovando un Tony Blair così sottile da inventarlo ma solo il suo portavoce Rocco Casalino.
Impossibile non notare il cambio di comunicazione del Presidente, naturalmente nei limiti della Bibbia quirinalizia e costituzionale dei poteri e nello stile dell’uomo che generò il Mattarellum la cui equazione dice molto del suo carattere e della sua visione del governare.
Fatto sta che giorno dopo giorno alle cerimonie di anni accademici, anniversari, centenari Mattarella trova sempre il modo di infilare frasi apparentemente in linea con l’evento ma che sono un batti e ribatti delle questioni politiche e governative del giorno. Da «è indispensabile uno sforzo condiviso per dimostrare le capacità del Paese» a «la procedura Ue impone al governo un’operazione verità sui conti pubblici» a «occorre procedere garantendo sicurezza alla comunità scongiurando che il disordine di enti pubblici e della pubblica finanza produca contraccolpi pesanti anzitutto per le fasce più deboli», solo per citare qualcuno dei molteplici interventi del Presidente. Un vero controcanto al risentimento e al problema della redistribuzione.
Il pubblico della Scala che si è alzato in piedi dando le spalle all’orchestra, mai una simile scena prima d’ora, per un tributo spontaneo da parte di un pubblico come quello meneghino non uso a simili effusioni sembra dire «abbiamo solo te, ci affidiamo». Che il partito che ha votato Mattarella, con un Dario Franceschini e altri esponenti del Pd spesso in pellegrinaggio al Quirinale, non ne abbia capito la potenza è stravagante. E dire che il Pd è sempre stato pronto a estasiarsi per Zapatero o Macron e adesso persino a disseppellire Tony Blair.