Il riconoscimento dell'Accademia di Svezia allo scrittore d'origine giapponese ma naturalizzato britannico. Il suo romanzo più noto è 'Quel che resta del giorno', il più recente 'Il gigante sepolto'

Tutti, o almeno molti, hanno visto la traduzione cinematografica del suo Quel che resta del giorno, premio Booker nel 1989, portato al cinema da Ivory con una magistrale interpretazione di Anthony Hopkins e Emma Thompson.

Dell'opera letteraria più celebre di Kazuo Ishiguro, lo scrittore britannico di origine giapponese che ha vinto il premio Nobel per la Letteratura 2017, il film trasponeva i temi più forti: la memoria e i suoi inganni, l'inesorabile scorrere del tempo, le occasioni perdute e, più sottilmente, la capacità di osservare il mondo circostante - in quel caso l'alta società inglese - da una prospettiva 'altra', laterale. Come un maggiordomo da una porta di servizio. O, come nel caso di Ishiguro, come un uomo diviso tra due mondi, due lingue, due culture.


Nato nel 1954 a Nagasaki, si trasferì in Gran Bretagna da bambino, insieme alla famiglia, ed è tornato in Giappone solo da adulto.

E' cresciuto con memorie "molto distorte, molto colorate" del suo paese natale e una dieta serrata di libri e giornali nipponici, che hanno creato in lui un legame profondo con una madrepatria immaginaria. "Ho realizzato che questo Giappone, che mi era molto prezioso, esisteva soltanto nella mia immaginazione" ha raccontato di recente. In effetti, Ishiguro non è tornato in Asia fino al 1989, proprio l'anno in cui Quel che resta del giorno vinse il Booker Prize proiettandolo nell'Olimpo degli scrittori di lingua inglese.

Nei primi libri (i suoi titoli sono editi in Italia da Einaudi) Un pallido orizzonte di colline e Un artista del mondo fluttuante, usciti negli anni '80, c'è l'ombra di questa seconda (o prima) patria della mente. Con Quel che resta del giorno, Ishiguro si immerge invece, con una sensibilità finissima, nella società inglese e nelle sottigliezze della sua stratificazione sociale, per tornare in Quando eravamo orfani ad oscillare tra Gran Bretagna e Oriente, raccontando le vicende di un orfano geniale, Christopher Banks, cresciuto nei migliori college inglesi ma deciso, da adulto, a tornare sulle tracce dei genitori, scomparsi nella Shanghai d'inizio Novecento. Un tema, quello di un'infanzia orfana di figure adulte, che torna in Non lasciarmi, una distopia ambientata in un collegio della campagna inglese, protagonisti tre ragazzini destinati, a loro insaputa, a diventare donatori di organi.
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Ne Gli Inconsolabili e in Notturni il fil rouge è la musica: un musicista in una città dell'Europa centrale, che ha raggiunto per un concerto ma che forse custodisce i segreti del suo passato è al centro de Gli Inconsolabili, mentre i Notturni sono cinque i ritratti di musicisti sospesi sull'abisso, artisti-alter ego dello stesso scrittore, che da giovane voleva diventare una rockstar.

Infine, il libro forse più controverso: Il gigante sepolto (2015) incursione nel fantasy e nella fiaba nera con il quale lo scrittore ha scalato le classifiche britanniche ma fatto storcere il naso a qualche critico.

Il suo percorso letterario, premiato dagli accademici svedesi perché nei suoi romanzi "di grande forza emozionale ha scoperto l'abisso sotto il nostro illusorio senso di connessione con il mondo", ci racconta molto del mondo in cui viviamo. Ci dice che patria e cultura sono concetti complessi, come lo è il senso di appartenenza a un luogo e alla sua eredità culturale. E che spesso dobbiamo guardare a chi è arrivato da lontano tra noi per capire meglio chi siamo. E farci raccontare, in modo sublime e nella lingua che credevamo solo 'nostra', le profondità e i segreti dell'animo umano.