Il regista Stefano Sollima: «Il male è la complessità dell’essere umano, la realtà è lo spunto narrativo più forte. La verità è più sorprendente della finzione» 

«Ognuno si fa la strada sua, ?io la mia me la faccio da solo», dice Pietro Savastano al figlio Genny alla fine del secondo episodio di “Gomorra 2”, uno dei più drammatici della serie, epico (si vedrà anche il figlio che porta in salvo il padre sulle spalle) e realistico, ?le due chiavi di racconto che hanno trasformato la fiction italiana in un successo internazionale. La prima, andata in onda in Italia nel maggio 2014, è stata venduta in 130 paesi. La seconda, prodotta da Sky Atlantic, Cattleya e Fandango partirà ?il 10 maggio in Italia su Sky Atlantic HD, in contemporanea in Germania, Austria, Regno Unito e Irlanda.


Un racconto per immagini, dall’intuizione di Roberto Saviano. Con un punto di vista capovolto: quello dei Savastano, Pietro e Genny, ?di Salvatore Conte, i boss ?di Secondigliano e di Scampia, Ciro Di Marzio che vuole rottamare le generazioni precedenti e diventare un vero capo. Il punto di vista del male. Perché qui lo Stato, ?le istituzioni, la Chiesa, non si vedono mai. Sono, al più, una breve interferenza nella vita dei boss: un posto di blocco, l’omelia del prete al funerale. La politica si compra e si vende. E l’economia del Nord confina con quella criminale.


Quando uscì la prima serie ?il questore di Napoli Guido Marino disse di trovarla «offensiva, diseducativa», alcuni sindaci dell’hinterland napoletano si sono rifiutati ?di dare il permesso per ?le riprese. «In “Gomorra” ?il racconto si confronta con ?la realtà, senza mediazioni opportunistiche, senza cercare facili compensazioni», dice Andrea Scrosati, vice-presidente di Sky che con ?il ceo Andrea Zappia è ?il motore dell’operazione. «Per noi è un percorso editoriale: da “Gomorra” a “1992”, ?fino a “The Young Pope”, ?è il realismo che rende queste storie rilevanti e questa realtà accompagna lo spettatore in un viaggio che non lo inganna, non lo consola, in cui l’unica cosa che non può fare ?è girarsi dall’altra parte».

«Il male è la complessità dell’essere umano», spiega Stefano Sollima, supervisore artistico e regista della serie con Claudio Cupellini, Francesca Comencini e Claudio Giovannesi. «La realtà è lo spunto narrativo più forte. La verità è più sorprendente della finzione».

«È rassicurante raccontare un boss come il male assoluto perché la gente normale possa dire: io non sono così», aggiungono gli sceneggiatori Stefano Bises e Leonardo Fasoli. «In “Gomorra”, invece l’amore, l’amicizia, la lealtà, sono destinati a soccombere di fronte al potere. Anche se tutto questo lascerà ferite».


Per la produzione 32 settimane di riprese, 400 ambienti, 200 attori e tremila comparse. «Uno sforzo enorme», dice Riccardo Tozzi di Cattleya, «per rispettare ?i due punti di forza della serie: essere un archetipo universale, comprensibile ?in tutto il mondo, e restare realistici fino al dettaglio».


Nella seconda serie si fanno le prove degli «Stati Uniti ?di Secondigliano e Scampia», l’accordo tra i clan, il Sistema si è ormai esteso in Germania e in Centroamerica, ?c’è il feroce conflitto generazionale. E quando ?Ciro l’Immortale urla: «Siamo in cima!», si prova un brivido. E un senso di inquietante riconoscimento.