L'attrice romana spiega il senso civile del suo ultimo film, diretto da Maria Sole Tognazzi, che la vede protagonista con Margherita Buy di una relazione omosessuale

Dubbi? Neanche uno. Sole (Maria Sole Tognazzi, ndr) è venuta qui. Seduta proprio dove è lei e mi ha detto: “Sabrina ho una bella storia scritta e pensata proprio per te”». E il film che Sole proponeva a Sabrina Ferilli era quel che va sotto la categoria commedia sentimentale.

Una storia d’amore con un partner speciale: Margherita Buy. Quel che stupisce è “la Ferilli”, universale sogno erotico degli italiani (maschi), sexy e verace, idolo dei romanisti e di sofisticati registi, consacrata lupa di Roma ed erede della Magnani nella “Grande Bellezza” sorrentiniana non abbia gentilmente allontanato il copione dicendo: «A’ Sole, ma che t’è saltato in testa? Io in una lesbo-story? Ma me ce vedi?». Invece, ci racconta: «Ho detto subito sì! Era da tanto tempo che volevo lavorare con Margherita e non c’è un solo film di Sole che non mi sia piaciuto. E allora quale occasione migliore? Due donne che stimo e una storia scritta per me».

Già, la storia. Una pacata relazione tra due signore borghesi. Lei (Buy) è architetto: è bionda, freddina, fragile, piena di insicurezze. Lei (Ferilli) è un ex attrice, ora imprenditrice nel ramo “cibo biologico”: è bruna, materna, passionale e determinata. Lei (Buy) è una borghese doc con figlio universitario, un ex marito dentista (Ennio Fantastichini) e molte reticenze a dichiarare in pubblico la sua conquistata omosessualità.

Lei (Ferilli), invece, è una lesbo convinta, di famiglia popolare ottimista e di sinistra e non ha mai avuto tentazioni etero. Ed ecco come parte “Io e lei” in sala dal primo ottobre, delicatamente diretto da Maria Sole Tognazzi, che sa dipingere le donne con accortezza rara. Affresco di “amour conjugal” pudico e tenero che potremmo tranquillamente definire l’anti-Adele (leggi “Vie d’Adele” di Abdellatif Kechiche). Là in un’esplosione di ormoni e di corpi due giovani ventenni sono travolte da passione fisica, sesso e “amour fou”; qui, placide e affettuose signore adulte si dividono il telecomando la sera, tra due cuori, una tv e un gatto. Vita serena finché… qualcosa arriva e tutto crolla.

Signora Ferilli davvero non ha avuto nessuna esitazione? Non ha pensato a come potrà reagire il suo pubblico nel vederla perdutamente innamorata di Margherita Buy?
«Mai pensato al dopo. La mia vita professionale è sempre stata fatta di atti d’amore. Se avessi applicato una strategia dopo un film come “Diario di un vizio” di Marco Ferreri non avrei potuto fare niente di quel che ho fatto. Ma per fortuna sono passionale, anarchica e ho una carriera da solista. E poi amo prendere rischi. Pensi a quelli che, in ben altri tempi, ha corso Tom Hanks con “Philadelphia”. Il fidanzatino d’America nei panni di un gay malato di Aids».

In “Io e lei” però non c’è il dramma, la malattia, la morte. Siamo più vicino a una versione riveduta e corretta del “Vizietto” con i mitici Tognazzi padre e Michel Serrault…
«Sbagliato: non è affatto una versione al femminile del “Vizietto”, che fu comunque un film rivoluzionario e magari avessimo ancora quel coraggio. I tempi son cambiati e siamo lontanissimi da quei cliché. Qui ci sono tre bravissimi sceneggiatori (Maria Sole stessa con Ivan Cotroneo e Francesca Marciano), che hanno creato i nostri personaggi senza cadere mai nella caricatura. E hanno costruito un film politico».

In che senso un film politico?
«“Io e lei” è l’immagine di una coppia raccontata nella sua normalità. Margherita ed io ci ritroviamo la sera, cuciniamo, guardiamo le serie in tv, ci svegliamo e andiamo a lavorare. Nella nostra vita non c’è niente di strano, eccessivo o tanto meno pericoloso per l’equilibrio sociale. Grazie a loro ho capito che persino le definizioni “omosessuale” e “eterosessuale” sono sbagliate».

Lei quali userebbe?
«Omo-sentimentali oppure etero-sentimentali. Perché mettere sempre e solo il sesso al centro dei nostri pensieri e delle nostre scelte? Il sesso divide. Invece quel che unisce me e Margherita è la complicità, l’affetto, la solidarietà, il calore di una vita comune. Ci si può sentire più compresi da una persona del nostro stesso sesso, così come ci si può sentire più forti nella quotidiana contrapposizione con un essere dell’altro sesso. Sono scelte di vita. Ma non si può ridurre tutto alla sessualità».

Comunque anche qui si gioca sugli opposti: bionda-bruna; fragile-forte; borghese-popolare.
«Beh, sì. Margherita è il mio esatto opposto. Fisicamente ma anche nel lavoro e nella vita. Io sono più icona pop, lei l’interprete di certo cinema borghese. Diverse fisicamente e non solo. Io sembro forte, lei una creatura fragile che chiede aiuto al mondo. Ma poi credetemi: dentro è fatta di filo d’acciaio».

E come collega?
«Fantastica. Margherita è un mostro di bravura. Grande preparazione tecnica e innato talento. Non c’è un’altra attrice così in Italia».

Neanche la Ferilli?
«Io vado di cuore, di trasporto ma non ho quella capacità tecnica. Sono attratta da Margherita, dalla sua modalità femminile così diversa dalla mia, dalla richiesta di protezione che m’ispira, anche se so che poi è lei la più forte. E subisco il fascino di chi è più bravo di me. Lavorare con i grandi ti fa sentire immortale, ti fa salire su un luna park».

Sembra davvero innamorata della Buy!
«Perché esprimo stima e affetto per una persona dello stesso sesso? Perché ne parlo con normalità? Credo sia proprio questo il valore del film. In un mondo che ha spinto l’acceleratore, in un cinema che privilegia eccessi e una televisione che pensa di far più audience con i Casamonica che con uno scienziato che ha scoperto un nuovo vaccino, in questo mondo di realtà alterata raccontare la vita normale è diventato rivoluzionario. E ha bisogno di rivoluzioni un paese che le coppie alla Ferilli Buy ancora non le riconosce! Da quanto aspettiamo una legge sulle unioni civili? Ci siamo fatti anche rimproverare dall’Europa…».

Da parte sua invece è un rimprovero alla sua Sinistra?
«La mia sinistra non so bene dove sia finita. Forse in Grecia, in Spagna, o adesso tra i laburisti inglesi. Quella che vedo qui si occupa di cose che non capisco. Sbandiera la multa per chi butta una cicca sul marciapiede o non raccoglie la cacca del cane, si lancia in battaglie per le aiuole negli svincoli. Tutte cose che non dico non si debbano fare, ma bisognerebbe vivere in Fantasilandia per considerarle prioritarie. E invece, con tutti i problemi che abbiamo, si fa a gara per chi racconta ’ste sciocchezze. Ho fatto questo ed è una cosa di sinistra. Ho messo le auto blu all’asta perché è di sinistra, intervengo sulle tasse ma da sinistra. E non vedo perché ce lo devono ricordare ogni volta che innaffiano i gerani. Un tempo non ce ne era bisogno».

E invece cos’è di sinistra?
«Lavorare ognuno nel suo ambito per far star meglio le persone. Anche un film come questo può contribuire all’accettazione dell’omosessualità in un Paese dove un sindaco di destra, tal Formaggio, propose persino di metter una tassa sugli omosessuali. Il lavoro del regista, dell’attore dello sceneggiatore è un lavoro pubblico. Pensi come sarebbe importante un film come questo in prima serata tv, invece di sentirsi dire che quello è un target per anziani oltre i 65. E allora se sono oltre i 65 li dobbiamo far rincoglionire? Il cinema è arma potente, può avere un forte impatto sulla sensibilità sociale. E chissà, forse anche la Ferilli gay potrà servire a cambiare qualcosa».