La sentenza emessa dal tribunale di MIlano. Dovrà scontare quattro anni e tre mesi di reclusione. Per l'accusa aveva usato i soldi della società per spese personali tra le quali uno chalet in Svizzera

La parabola professionale e personale di Miriam Ponzi, l'investigatrice per eccellenza d'Italia, è precipitata davanti alla seconda sezione penale del Tribunale di Milano, presieduta dal giudice Lorella Trovato. La figlia del controverso Tom Ponzi, che ha inventato la professione in Italia, è stata condannata a quattro anni e tre mesi di reclusione per la bancarotta della sua società milanese, la Miriam Tomponzi srl. Non si tratta dell'unico reato che le è stato addebitato: c'è anche la corruzione di un maresciallo della Guardia di Finanza, già condannato a Roma, mentre la rivelazione d'atti d'ufficio è stata derubricata.

Miriam Ponzi è stata anche interdetta per 10 anni dal poter guidare una società. Il pubblico ministero Stefano Civardi aveva chiesto per lei ben sei anni di reclusione ?Il figlio Doriano Jaroudi, Tommy per tutti, è stato condannato per gli stessi reati, ma la Corte nel suo caso è stata decisamente più clemente, in virtù anche delle tante attenuanti della sua posizione. Per lui una pena a due anni. Il pubblico ministero Stefano Civardi aveva chiesto tre anni e mezzo di reclusione. Per l'accusa i tanti movimenti di denaro in uscita dalla società milanese, ritenuti delle distrazioni, erano serviti a spese personali e tra queste uno chalet in Svizzera, dove l'investigatrice trascorreva le vacanze.

Questo processo si trascina da anni e nasce dal fallimento della società milanese per cui Miriam Ponzi era stata già arrestata nell'ottobre 2012. Diciotto giorni di detenzione che avevano squarciato il velo di tanta apparenza intorno alla sua persona, fino a quel momento associata al bel mondo italiano e internazionale, magari lo stesso che lei segretamente controllava per qualche piccante storia di corna o eredità. Oltre quel velo c'era ben altro: lo ha raccontato lei stessa in una lunga deposizione dove ha ripercorso gli ultimi anni della propria vita, fatti di una delusione amorosa così grande da far sbandare anche una donna risoluta come lei, e della paura di essere coinvolta nel Laziogate, lo scandalo che una decina di anni fa sconvolse la capitale e che, travolgendo l'ex presidente Francesco Storace, avrebbe interessato molti suoi collaboratori, allontanati dall'Agenzia.

Ma, nelle sue parole, proprio quella cacciata avrebbe causato anche la fuga di molti clienti e con questa le grosse difficoltà economiche seguenti. ?Il terzo imputato, Luigi Morosini, che è stato l'amministratore della società fino al fallimento, era stato già condannato a 2 anni e 8 mesi.