Il Ministero dei trasporti e quello dello Sviluppo prevedono la 'ristrutturazione' delle aree autostradali, con chiusure, accorpamenti e 'distanzialmenti'. Ma così, protestano i sindacati, i lavoratori rischiano il posto. E il governo fa un favore alle concessionarie. Così scatta la serrata dei distributori

Nelle stazioni di servizio non sarà facile dimenticare Maurizio Lupi. Benzinai e banconisti degli autogrill sono entrati in fibrillazione da quando l'ormai ex ministro delle Infrastrutture, di concerto con la titolare dello Sviluppo Federica Guidi, ha emesso un Atto di indirizzo per la ristrutturazione delle aree autostradali: un documento di fine gennaio, passato quasi in sordina, che invita esplicitamente i concessionari a ridurre, e in alcuni casi anche a chiudere, pompe e ristoranti poco produttivi o in perdita. Secondo i sindacati sarebbero a rischio migliaia di posti di lavoro: “Dai 2 mila fino a 6 mila nella sola ristorazione”, calcola la Cgil.

Il settore obbiettivamente non gode di buona salute, e la crisi lo ha piegato. Conti alla mano, i due dicasteri spiegano che “nel triennio 2011-2013 le 469 aree di servizio italiane hanno registrato significativi cali nei volumi di vendita: meno 35 per cento nei carburanti e meno 15 per cento nel ristoro”, mentre “su tutta la rete autostradale a pedaggio il traffico è diminuito del 9 per cento”. Un trend che non si è invertito nel 2014: e non sembra che il governo abbia voglia di aspettare i tempi della ripresa, se è vero che ha già indicato una prima scadenza (al 15 marzo, superata) per licenziare i piani di ristrutturazione, preparati di concerto con i concessionari e le regioni interessate.

La richiesta è quella di agire al più presto: l'ex ministro Maurizio Lupi e Federica Guidi hanno fissato infatti dei precisi criteri per tagliare le stazioni di servizio, che hanno già provocato un primo sciopero dei benzinai, a inizio marzo, una seconda serrata dei distributori che inizierà alla mezzanotte del 30 marzo per 48 ore, e messo in allarme i sindacati della ristorazione. L'invito si può riassumere con due parole: distanziare e automatizzare. La distanza media tra un'area di servizio e l'altra è oggi di 29 chilometri, spiega l'Atto di indirizzo, e dopo la ristrutturazione “non dovrà essere superiore a 50 chilometri”.

Nei piani stilati dalle concessionarie – tra le maggiori si possono citare Autostrade e gruppo Gavio – si potranno “prevedere chiusure delle stazioni insostenibili e marginali”, ma escludendo quelle che abbiano “erogati superiori a 2 milioni di litri annui e fatturati superiori a 0,75 milioni di euro”. In alternativa, si potranno accorpare le stazioni, stagionalizzare (aprire cioè solo nei periodi di maggiore traffico), e fornire di erogatori automatici: via libera cioè alle “ghost station” (aree senza benzinai, ma solo self service) e alle “vending machine” (distributori automatici di panini, bibite e caffè). E tutto questo proprio mentre ci prepariamo ad accogliere i visitatori di Expo 2015 e del Giubileo 2016.

I primi a insorgere sono stati i sindacati dei benzinai, quelli che associano i piccoli gestori autonomi delle pompe: Faib Confesercenti, Fegica Cisl e Anisa Confcommercio hanno emesso comunicati di fuoco contro il governo, accusandolo di voler favorire “gli amici e gli amici degli amici”, ovvero i grossi gruppi dei concessionari, Autostrade e Gavio in primis. “Invece di aprire le stazioni alla concorrenza e chiedere un abbassamento delle royalties – affermano – si mettono a rischio 460 imprese e 6 mila posti di lavoro, quelli dei nostri dipendenti. E anziché pretendere razionalizzazione delle aree e maggiore qualità, si consente agli 'amici' concessionari di eliminare l'assistenza al pubblico attraverso la completa automazione, peggiorando il servizio al consumatore”.

Nel mirino dei sindacati ci sono le “ingenti rendite di posizione dei concessionari”: secondo Confesercenti, Cisl e Confcommercio, infatti, “le royalties chieste ai gestori rappresentano un'assurda soprattassa, che pesa sui prezzi dei carburanti per 18 centesimi ogni litro di venduto agli automobilisti. Valore che non è mai sceso negli anni della crisi, e che anzi dal 2002 al 2008 si è accresciuto del 1400 per cento”. Onere che a parere delle tre associazioni si scaricherebbe non solo sui carburanti, ma anche sui prezzi di bibite, panini e caffè, contribuendo ad affossare ancora di più le performance delle aree di servizio.

Critica rispetto al sistema delle royalties e al provvedimento dei due ministeri si è detta anche Autogrill: qualche settimana fa, presentando il bilancio del 2014 (3,93 miliardi di ricavi: -0,9% rispetto al 2013, -5.4% le vendite realizzate nel nostro Paese), l'amministratore delegato del gruppo di ristorazione, Gianmario Tondato Da Ruos, ha spiegato che “la nostra strategia in Italia, oggi, è di resistere”, ma ha aggiunto poi che “magari un giorno potremmo decidere di sganciarci dall'Italia”. Subito dopo Da Ruos ha notato che l'Atto di indirizzo del governo “non affronta il tema delle royalties, le più care al mondo, in media al 18% dei ricavi, quando all'estero sono a una sola cifra”.

I sindacati della ristorazione parteciperanno allo sciopero di tutto il comparto del turismo per il 15 aprile: “Siamo preoccupati – spiega Cristian Sesena, segretario nazionale Filcams Cgil – Abbiamo scritto ai due ministeri ma finora non abbiamo avuto nessuna risposta. Il settore è in profonda trasformazione, già grazie alle ultime gare molti ristoranti sono passati da Autogrill a soggetti nuovi, come la Sarni Maglione, che abbattono il costo del lavoro non applicando gli integrativi e scegliendo di non avere relazioni sindacali. Se consideriamo che dal 2008 si è fronteggiata la crisi aumentando l'incidenza del part time, e quindi diminuendo le ore ai lavoratori, comprendiamo che il comparto è già più che provato”.


Se il piano messo a punto dai ministri Lupi e Guidi fosse applicato radicalmente, a suon di chiusure, ghost station e vending machine potrebbe perdere il posto fino a un terzo dei 15 mila dipendenti che lavorano dietro i banconi di Autogrill, MyChef, Chef Express, Airest e Sarni Maglione: specie al Sud, dove i locali sono meno produttivi. “Peraltro - riprende il segretario Filcams - a eccezione di cinque mesi di cassa in deroga oggi disponibili, sono lavoratori del tutto privi di ammortizzatori sociali”.


La gran parte donne, con stipendi che vanno dai 1200 euro per i full time fino ai 650 per i part time (ormai prevalenti), i banconisti degli autogrill potrebbero quindi decidere di affiancare i benzinai nelle proteste: “Veniamo già da anni difficili, e in tutta Italia abbiamo provato a gestire gli esuberi chiedendo sempre il ricollocamento dei lavoratori – aggiunge Giorgio Ortolani, Filcams Cgil – E dove ci sono stati licenziamenti, abbiamo tentato le cause: è di pochi giorni fa la sentenza di reintegro in Autogrill di 70 addetti all'aeroporto di Capodichino”.


Sulla questione c'è anche un'interrogazione parlamentare presentata da una quindicina di deputati del Pd, prima firmataria Patrizia Maestri: chiede ai ministri dei Trasporti, dello Sviluppo e del Lavoro “quali iniziative intendano assumere a tutela dei livelli occupazionali delle aree di servizio autostradale”, visto che “i criteri individuati nell'Atto di indirizzo non appaiono adeguati a questo fine”. E in conclusione, gli stessi parlamentari della maggioranza esplicitano l'idea che il governo abbia potuto cedere alle pressioni dei grossi gruppi del settore: “Pare evidente – scrivono – che tale documento (l'Atto di indirizzo, ndr) prende le mosse da una richiesta delle concessionarie”.  

Quanto allo sciopero del 15 aprile, che coinvolge 1 milione di addetti nel turismo e nella ristorazione, non a caso è stato organizzato a due settimane dall'inizio di Expo: “Vogliamo contrastare la narrazione fatta dal governo, secondo cui con Expo tutto va bene – conclude Cristian Sesena della Filcams Cgil – I lavoratori del turismo aspettano il rinnovo contrattuale da 24 mesi, e le aziende chiedono di tagliare i permessi, la malattia, le clausole sociali per conservare il posto al cambio di appalto. A Renzi diciamo: l'Expo, e anche il Giubileo, funzioneranno se tutti gli operatori si sentono ugualmente rispettati”