Secondo i prigionieri, i soldati dell'Isis sono sempre attaccati ai telefonini. Usano i social per la propaganda e per il reclutamento di nuove reclute, ma così facendo rivelano la loro posizione per i raid dei comandi alleati

A Raqqa li chiamano “Internet soldiers”. Fondamentalisti, ma con lo smartphone in mano. Salafiti, ma sempre connessi. Gli ostaggi sopravvissuti alle loro prigioni raccontano che ?i carcerieri erano incollati ai telefonini: «Seguono le notizie in maniera ossessiva», ha detto Nicolas Hénin.

L’accesso a Internet, per i miliziani del Califfato fra Siria e Iraq è un bene essenziale. Per questo appena conquistata Mosul nel 2014, la Rete è stata una delle prime infrastrutture di cui si sono occupate le truppe di al-Baghdadi. Il Web è vitale per i tagliagole del Daesh 2.0 non solo come fonte di scambio e informazione, ma anche come stagno per la propaganda jihadista fra Twitter, Facebook ?e YouTube. Lo strumento che permette di sedurre nuovi ragazzi e garantire le reclute per l’esercito con la bandiera nera.

Ma perché l’Occidente non stacca Internet allo Stato islamico? Possibile che non esista un modo per oscurare ?il Web nel Califfato e sradicare le centrali on line che inondano il pianeta di proclami fondamentalisti? In Afghanistan la Nato ha condotto una caccia spietata alle antenne issate dai talebani per potenziare le loro comunicazioni. Era la missione affidata ai bombardieri italiani Amx, che abbattevano i tralicci con ordigni a guida laser. Invece nel territorio dell’Is i siti prosperano. E non è un caso. Perché Internet è un’arma ?a doppio taglio. Diffonde nel mondo il verbo della guerra santa. Ma è l’unico strumento che hanno i comandi alleati ?per stanare le postazioni dell’armata di al-Baghdadi.

Nello scorso maggio il generale Hawk Carlisle, numero uno dell’Air Combat Command statunitense, si è vantato: «Grazie a un post su un social network siamo riusciti a radere al suolo il quartiere generale dell’Is in meno di 24ore». Le coordinate catturate dall’analisi di un selfie hanno svelato la posizione della base, subito distrutta dai caccia: l’ennesima preda per il 361mo squadrone, il reparto dell’aviazione che scova i jihadisti spiando Web ?e onde radio. È la macchina ?da guerra più efficace del Pentagono: nel 2012 ha condotto 31.180 missioni permettendo alle forze speciali l’arresto di 3.980 terroristi ?e l’uccisione di altri 1.210.

La frenesia da social media infatti spesso tradisce ?i miliziani, trasformando ?i cinguettii dal deserto in strumenti affilati per i loro nemici. Un dettagliato studio di J.M.Berger e Jonathon Morgan per la Brookings Institution ha dimostrato ad esempio usi, geografie e relazioni di oltre ?40 mila account su Twitter di sostenitori dell’Is, analizzati durante l’inverno scorso. L’1,5 per cento circa di questi si era dimenticato di togliere la geo-localizzazione dalle proprie app, permettendo così di tracciare informazioni preziose quanto il vederli attivi fra la Siria centrale, Ramadi o Baghdad in Iraq (insieme il 28 per cento del totale) ma soprattutto a Riyadh e dintorni in Arabia Saudita: ?da sola rappresentante del ?27 per cento degli account ?più estremisti pro-Is.

Gli strateghi del Califfato conoscono questo punto debole. Ricorrono a tecniche ?di crittografia per cifrare ?i messaggi e occultarne la provenienza, si ipotizza persino che abbiano creato un call center per istruire i loro uomini. Di certo, hanno diffuso un manuale con i consigli per navigare a volto coperto. Nonostante questo, i loro avversari non hanno alternative. Nel regno del Terrore, con continue esecuzioni di spie reali o presunte sulla pubblica piazza, pochi hanno il coraggio di rischiare la vita per aiutare gli occidentali. Il Califfato inoltre ostacola i contatti con l’esterno dei semplici cittadini. Dopo l’avanzata in Iraq a novembre ha disabilitato le torri per la telefonia mobile, riducendo ?al silenzio i cellulari privati.

Nelle stesse settimane il governo di Baghdad ha bloccato ogni accesso a server e host da Mosul, per stroncare la propaganda integralista. ?Ma il blocco è stato aggirato presto dall’Is con i satelliti.

Via satellite avviene la maggioranza delle connessioni dai territori dell’Is in Siria. ?In parte perché i cavi sono danneggiati da bombardamenti e mancata manutenzione, in parte perché i miliziani non si fidano ad agganciarsi al Web attraverso la banda controllata dalla Ste, la società del governo di Damasco, ovvero il regime di Assad. Ma le comunicazioni satellitari restano per pochi: a luglio i censori del Daesh a Deir Ezzor e a Raqqa hanno proibito i wi-fi casalinghi ai residenti, «bloccando la rete fuori dagli Internet café ed esigendo il controllo dei contenuti e dei ?log-in», spiega Pierluigi Paganini di Security Affairs.

Ad Aleppo invece la vicinanza con la Turchia ha permesso a lungo ai ribelli della Free Syrian Army e agli integralisti di al-Nusra o di Is di surfare su Google e postare messaggi su Facebook sfruttando il 3G delle compagnie telefoniche turche. Il centro di ricerca britannico Dyn ha però monitorato ugualmente un buco nelle connessioni da Aleppo a partire da marzo del 2015, riprese nelle ultime settimane grazie alle antenne turche e al ripristino di alcuni servizi da Damasco. Oltre ai cinque satelliti, europei o arabi perché di quelli americani non si fidano, che fanno da ripetitore spaziale al Califfato.

La caccia all’uomo sul Web è il volto più moderno ?della guerra globalizzata. Viene definito Somint ossia Social Media Intelligence: il controllo in tempo reale dei social media per le operazioni degli 007. «La grande idea che rivoluzionerà ?lo spionaggio», come ha profetizzato nel febbraio 2014 James Clapper, direttore della super-agenzia americana Dni. Già oggi i servizi segreti Usa setacciano oltre 20 milioni di siti in 30 lingue diverse. E una falange di algoritmi elabora queste informazioni trasformandole in coordinate geografiche e profili di potenziali bersagli che vengono pedinati attraverso la Rete.

A questa ragnatela si aggiungono le notizie captate nell’etere dalla nuova generazione di aerei spia, che intercettano qualunque forma di comunicazione alla ricerca ?di una singola voce: una volta agganciata, ne seguono la pista elettronica ovunque. I più potenti sono le “Sentinelle” E-3G statunitensi, che hanno appena ricevuto un aggiornamento di software e apparati costato 2,7 miliardi ?di dollari. Cinque giorni dopo ?la strage di Parigi, il primo di questi quadrireattori è stato spedito nei cieli del Califfato. Pronto a tramutare ogni selfie jihadista in un raid dei bombardieri.