Ha fondato un giornale "La Croce", vuole vietare la pillola abortiva e combatte la propaganda “transessuale”. Ora parla di «donne sottomesse» e si dice contrario all’uso dei preservativi. L’ex deputato Pd è il vero leader degli ultra cattolici

«La condizione ideale è quella di avere un solo uomo o una sola donna nella vita, io non lo posso dire ma invidio chi ha questa possibilità». Mario Adinolfi è così, un peccatore, consapevole, che difende la famiglia tradizionale. Ne ha fatto la sua missione, Adinolfi, e ne ha fatto un giornale, soprattutto, “La Croce”, dal 13 gennaio in edicola.

«Sarà il nostro corpo-a-corpo ogni giorno sui temi essenziali del nascere-amare-morire», andava dicendo durante la promozione, con fare da prete laico. Per tenere il punto, Adinolfi non disdegna le polemiche. Anzi, sembra quasi che le ricerchi.

L’ultima prestazione è registrata dai microfoni de La zanzara, su Radio24: «La moglie sottomessa cristiana è la pietra fondante» dice, «la pietra su cui si edifica la famiglia. Sottomessa significa messa sotto, cioè la condizione per cui la famiglia possa esistere. Una donna mite. E sottomessa non significa che non c’è la parità, sono due cose diverse».

Apriti cielo. Basterebbe a riempire i social per settimane, ma non basta, le sue idee Adinolfi le difende tutte, e tutte le dice: «Sono contrario ai preservativi» aggiunge, «non li uso, abbassano il piacere e interrompono il momento» dice sempre a La Zanzara. Certo c’è quella cosa delle malattie veneree e dell’Hiv, ma lui dice che «No, è solo propaganda. La soluzione è la sessualità responsabile. In Africa muoiono perché non c’è una sessualità responsabile, non perché non usano il condom».

Adinolfi è così, ti regala sempre bei momenti. Una recente battaglia (vinta) è stata contro Vladimir Luxuria. Adinolfi ha guidato la rivolta contro Paolo Ruffini e Alessandro Sortino, direttore e vicedirettore della tv dei vescovi, Tv2000. Un incauto giornalista, probabilmente consapevole della dote mediatica assicurata dall’invito, ha chiesto all’ex deputata Vladimir Luxuria, transessuale, di partecipare a una trasmissione come opinionista: «Io lo capisco, ho fatto tanta televisione, conosco il mestiere e so che Sortino e Ruffini sanno che il contrasto dei sapori attira attenzione» ha notato Adinolfi chiamando subito a raccolta i membri della sua associazione “Voglio la mamma”, spin off del suo ultimo libro. Propone un mailbombing e ottiene il «rinvio» dell’ospitata di Luxuria.Ex parlamentare del Pd, di cui si definisce «fondatore» («Confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli. In premessa confesso. Ho le mie colpe. Ho contribuito a far nascere il principale partito della sinistra italiana», scrive su Tempi), Mario Adinolfi, passato da Matteo Renzi a Mario Monti e poi nuovamente a Matteo Renzi, è ormai leader degli ultra cattolici, uno che spiega come «quella delle sentinelle in piedi è una battaglia di sinistra».

È più attivo che mai, Adinolfi. Più che mai (come disse di sé dal palco della Leopolda del 2012) ogni volta che parla si fa un amico. All’epoca erano Bersani e D’Alema, perché Adinolfi era più rottamatore di Renzi (aveva fondato una rivista dedicata ai «nati dopo il 1970», ora chiusa), oggi è soprattutto chi si batte per i diritti civili.

Gira l’Italia, riempie gli oratori e le sale delle parrocchie, intrattiene meeting nutriti di associazioni cattoliche, gruppi di fedeli, piazze. Dirige il suo giornale e nei ritagli di tempo vive letteralmente sulle poltroncine dei talk, o sul sedile della sua smart, che lo scarrozza in giro per l’Italia. È l’ospite rifugio, in particolare, dei programmi di La7.Adinolfi gira per presentare il suo libro, ora in ristampa con una «versione aggiornata»: fa quasi una data al giorno. E si lamenta del fatto che alle presentazioni, spesso, ci sia fuori una camionetta delle forze dell’ordine, ché non sia mai che a qualcuno venisse in testa di contestare come succede alle sentinelle in piedi. Ha scelto un momento fortunato, Adinolfi, per riprendere il suo attivismo politico/religioso, abbandonando un po’, pare, la passione per il poker, diventata anche professione: il tempismo è perfetto, e lui si vanta di aver previsto l’attentato alla famiglia tradizionale e ai bei valori di una volta: portata avanti dalla Corte costituzionale più che dal governo. Il succo di “Voglio la mamma” è tutto qua.

Adinolfi è contrario all’eutanasia, alla fecondazione assistita, considera la stepchild adoption (la possibilità che, in una coppia omosessuale, un partner adotti i figli naturali dell’altro) una legalizzazione mascherata dell’utero in affitto. È contrario anche alla legge sul cognome materno, «una boiata pazzesca», e vorrebbe vietare la pillola abortiva RU486: «Ora che la vostra "pillola sicura" per abortire ha ucciso a Torino una povera donna, madre di un altro bimbo, che dite, ci ragioniamo su?». È convinto che in Italia ci sia una sorta di fronte di propaganda del transessualismo di cui la mitica conduttrice Franca Leosini sarebbe un’attivista.Adinolfi dice di difendere la Chiesa dalle strumentalizzazioni, e detesta chi tira Papa Bergoglio per la giacchetta. Non ha tutti i torti quando scrive che sono i giornali e gli editorialisti, progressisti ma cattolici, a leggere «aperture ai gay» lì dove non ci sono. Invita a leggere il Sinodo, Adinolfi, e non cosa si è scritto del Sinodo. Lo dice lui, che è «l'ultimo dei peccatori, un divorziato risposato che manco può fare la comunione e non aspetta certo da questo Sinodo un'amnistia per le proprie colpe»: «Non riuscirete a usare questo documento per dividerci, per dividere il popolo di Cristo».Non apprezza Crozza, non sempre, almeno, Mario Adinolfi. Il comico è colpevole di aver impersonato Papa Bergoglio e di avergli fatto scacciare, dal Sinodo, le famiglie cattoliche fatte arrivare dai vescovi: «Famiglie cattoliche» ricostruisce Adinolfi, «che sostenevano la finalità procreativa della sessualità, che facevano pellegrinaggi a Santiago de Compostela o a Medjugorie, che addirittura praticavano la castità nel matrimonio». Il Crozza-Papa le scaccia e invoca «famiglie normali»: «Quelle come Gigi Buffon e Alena Seredova, dove Buffon lascia la Seredova per mettersi con Ilaria D'Amico». Non si fa.Ma è invece un fan di Maccio Capatonda e del suo personaggio Mario, volto cult di Mtv. Tra i video di satira demenziale di Maccio Capatonda, Adinolfi ne ha pescato uno in cui il comico estremizza (e banalizza, in realtà) le motivazioni di chi ricorre alla fecondazione assistita, mettendo tutto insieme, dall’eterologa all’utero in affitto. Postato sui profili social di Adinolfi il video diventa un efficace strumento per la propaganda delle sentinelle in piedi: c’è la coppia di anziani che si meraviglia di non riuscire ad avere un figlio, c’è la mamma borghese che per non prendere peso ha fatto inseminare la colf, c’è l’imprenditore che al suo embrione, come fosse un vino pregiato, fa fare tre mesi in un utero italiano, poi tre mesi in un utero inglese, «così mi sa la lingua», e infine tre mesi in un utero negli Usa, «così mi nasce con la cittadinanza americana». È marchionniano, ovviamente («L'alternativa a Marchionne era la chiusura della Fiat» dice), ma è soprattutto uno juventino sfegatato.Tollera gli insulti, non cancella i commenti sui social, è il primo a prendersi in giro per la sua stazza. Spesso hai quasi il sospetto che se le vada a cercare, perché Adinolfi è sempre dalla parte del torto. Un anno fa, nei giorni delle manifestazioni nella Terra dei fuochi, scrisse: «Si sono fatti devastare tacendo dalla camorra che ha interrato per anni rifiuti tossici, ora fanno le manifestazioni. Che popolo di merda». Più recentemente ha così commentato la carica alla manifestazione degli operai delle acciaierie di Terni:
Persino sul caso Moncler, così che Giuliano Ferrara («Mi faccia vedere la Gabanelli le tecniche di aspirazione e frantumazione degli aborti di essere umani nella pancia delle donne e poi riparliamo delle oche», ha detto il direttore del Foglio), non patteggia né per i lavoratori pagati pochi euro l’ora, né - figurarsi - per le oche spennate: «Attaccare chi delocalizza è senza senso», dice l'ex fondatore del Pd.