In Malesia, paese musulmano, c'è il più grande stabilimento al mondo di profilattici, dove se ne producono tre dei 15 miliardi in circolazione ogni anno. Un luogo dove non esistono fantasie impossibili

Il re del condom è un uomo piccolo e asciutto che si muove con passo elettrico tra macchine lubrificanti e tester ad aria compressa. «È sempre stato il terzo incomodo nella coppia, ma io lo farò diventare un oggetto di piacere e di sano divertimento per tutti».

La voce di Goh Miah Kiat si leva sopra una coltre di emulsioni acri, sprigionate dai processi di purificazione chimica e vulcanizzazione del lattice. In gergo, questa fase produttiva si chiama “dipping”: è quella in cui il preservativo comincia a prendere la sua forma, aderendo a una lunga fila di stampi di vetro immersi in vasche piene di estratti di lattice. Gli occhialetti di Mr Condom si appannano un po’, ma non svanisce il sorriso che ha stampato sulla faccia: a soli 35 anni, siede sulla poltrona della più grande fabbrica di profilattici al mondo.

Siamo nel sud ovest della Malesia, nel distretto di Johor, a Pontian: un tempo città di pirati e delle scorribande immaginate da Salgari per il suo Sandokan, oggi centro produttivo convertito al più redditizio uso della gomma naturale, per pneumatici e materiali impermeabili.

Per i malesi, la cittadina è il punto geografico per eccellenza da cui avvistare la prima luna crescente che segna l’inizio del Ramadan. In questa distesa di cemento e capannoni che arrivano quasi a lambire il mare, che pare un lenzuolo grigio sotto il caldo opprimente, non sono molti i luoghi particolarmente adatti a una gita romantica.

Eppure, se vi capita di fare l’“amore protetto”, ci sono molte buone possibilità che usiate un preservativo uscito da questo impianto. Perché Karex Industries sforna 3 miliardi di pezzi l’anno, su un mercato globale del condom che vale circa 15 miliardi. Il 75% della produzione è destinata a conto terzi, diretta cioè ai marchi più noti in commercio, come Ansell Ltd (Lifestyle brand), Reckitt Benckiser (Durex), Line One Laboratories Inc (Trustex) and Global Protection Corp (One).

Nella fabbrica di condom più grande del mondo lavorano 700 persone. Sono quasi tutte donne, che, in quattro turni (la fabbrica è operativa 24 ore su 24), lubrificano, seccano, asciugano, trattano con agenti chimici, confezionano in ambiente sterile e testano qualità e resistenza. «Standard produttivi occidentali», sorride soddisfatto Goh Miah Kiat mentre passa in rassegna le sue sterminate linee produttive.

Dopo la fase del “dipping” il profilattico viene riscaldato in forni essicatori e lavorato a seconda delle sue successive “specializzazioni”: extralarge, al sapore di frutta, colorato, a effetto ritardante o stimolante, ultrasottile, con rilievi di ogni sorta per aumentare la sensazione di piace. Ma è la fase del testing quella più delicata (serve ad evitare possibili rotture), quando tutti i preservativi sono controllati attraverso campi elettrici, e alcuni, scelti a campione, vengono gonfiati con aria compressa o con acqua fino a farli esplodere.

Il signor Goh Miah Kiat è un uomo ambizioso. Non si accontenta di rimanere in seconda linea, come partner affidabile per grandi brand del condom internazionale. Terza generazione di una famiglia di imprenditori cinesi emigrati in Malesia a inizio Novecento, educato in una business university australiana, ha dato lui la spinta decisiva per convertire la ditta di guanti di gomma nella più profittevole industria del preservativo. E ora sta lanciando anche il proprio brand, “CareX”, già in commercio in Medio Oriente, Africa e in Asia. «Il mercato del condom cresce del 7-8 per cento l’anno», spiega, «e le politiche di pianificazione familiare, soprattutto in Asia, così come la presa di coscienza da parte dei giovani del pericolo di malattie veneree, stanno facendo aumentare le richieste a doppia cifra». Tanto che la Karex Industries conta di raddoppiare la produzione a 6 miliardi di preservativi l’anno, da qui al 2016, ed ha aperto altri due impianti, uno in Malesia e l’altro in Thailandia.

«Negli ultimi cinquant’anni il condom non ha fatto grandi progressi tecnologici. È un prodotto universale, con cui prima o poi quasi tutti gli abitanti vengono in contatto. È il più antico e miglior contraccettivo, è una valida difesa contro le malattie che si possono contrarre durante i rapporti sessuali, eppure -nonostante tutto- è rimasto sostanzialmente lo stesso. Ma io lo voglio trasformare in oggetto di piacere, un amico per la coppia. È su questa trasformazione che l’azienda conta di diventare protagonista mondiale».

Srotola divertito un condom impreziosito di tatuaggi in stile Maori («Bisogna pensare anche al piacere della propria compagna») e sfoggia la coloratissima collezione dedicata ai mondiali di calcio spedita in Brasile, poi spiega la sua strategia per diventare il re assoluto del condom globale. L’inverno scorso la sua azienda si è quotata con successo alla Borsa di Kuala Lumpur, capitale e centro finanziario della Malesia, e le azioni sono andate a ruba in poche ore, con rialzi sorprendenti. Scelta non scontata, quella di andare sul mercato, soprattutto nella Wall Street del suo paese. Perché la Malesia è uno Stato a maggioranza islamica, in cui il dibattito sul ruolo della religione nella vita pubblica è uno dei grandi temi della politica interna. Il sistema giuridico è duale: basato sul common law di tradizione britannica, ma i musulmani sono tenuti a rispettare la Sharia, la legge islamica.

Basti pensare all’introduzione della “carta di identità religiosa”, in cui oltre alle generalità dei cittadini viene espressa la fede. «Abbiamo avuto qualche problema con alcune dipendenti: le loro famiglie non gradivano che lavorassero per noi», ammette Goh. «Ma è bene ricordare che l’Islam permette l’uso del preservativo, benché solo all’interno di una coppia sposata. Certo, nel listino di Borsa la nostra azienda non è inserita tra le società etiche: noi siamo nella zona di confine tra ciò che è lecito (“halal”) e ciò che non lo è (“haram”). Quindi perfettamente legali, seppure non propriamente virtuosi».

In questa parte del mondo, peraltro, il business conta molto. A Pontian le risorse recuperate sul mercato, pari al 25 per cento del capitale della società, sono destinate al raddoppio produttivo e all’innovazione. «I condom sono considerati un prodotto farmaceutico, ma possono diventare anche un articolo di moda, proprio come un vestito, una sciarpa o un cappello. Mi piacerebbe molto lavorare con qualche griffe italiana per creare un profilattico di lusso».

La ricerca, in realtà, per ora si concentra soprattutto sui nuovi materiali: a partire dal grafene, il materiale ottenuto dalla grafite (fatta di atomi di carbonio), che è valso il premio Nobel nel 2010 ai suoi scopritori, Andre Geim e Konstantin Novoselov. Il grafene è particolarmente apprezzato tanto dall’industria dell’hi-tech che da quella dell’aeronautica per la sua flessibilità e resistenza. «Viste queste sue specificità, è apprezzato anche da noi. Molti uomini vedono nel condom una sorta di nemico che aumenta la loro ansia da prestazione, soprattutto al momento di indossarlo, allora proviamo a cambiare le carte in tavola. Pensiamo all’aspetto ludico e al comfort: all’utilizzo di nanomateriali per creare condom ultrasensibili, con effetti stimolanti, magari all’utilizzo di farmaci vasocostrittori che combattano il problema della disfunzione erettile».

Per Goh Miah Kiat il condom è un prodotto da riempire di idee e contenuti. Dalle sue linee produttive escono preservativi dai packaging fantasiosi: al sapore di caipirinha (confezionati con immagini del cocktail su sfondo di spiagge caraibiche), decorati col volto di celebrities del passato (Marilyn va sempre fortissimo), oppure con castori e orsetti, ma anche filo spinato per indicare i condom più resistenti e dai rilievi più ruvidi. «Qualche cliente europeo ci ha chiesto anche una gamma dedicata alla saga di “Guerre Stellari”. Invece dall’Australia richiedono misure sempre più large».

All’esterno i preservativi di Karex somigliano a confezioni per caramelle: buffe, leggere, colorate. «Questi, oggi, sono prodotti che mettono di buon umore, non più associati al pericolo e alla malattia. E poi a me piace ricordare che una confezione di 12 preservativi costa quanto una birra al pub, ma è più salutare. E garantisce una dose di divertimento più lunga nel tempo».