Un viso ormai privo di espressione. Il dito indice puntato per accusare gli italiani che lo hanno abbandonato. E una gestualità che ne rivela il tramonto. Che cos'è rimasto, dopo vent'anni, del 'leader carismatico' Berlusconi

Cosa resta del corpo del Capo nel videomessaggio, nell’appello agli elettori, dell’altro giorno? Poco. Il viso sembra privo di espressione, sotto lo spesso strato di cerone, la mimica facciale quasi assente: non riesce a tenere dietro ai toni di voce, ai passaggi più forti ed emotivi del discorso. Inespressiva è tutta la fronte e la testa nella parte alta. Anche il tronco, imbustato dentro il doppiopetto blu di antica memoria democristiana, non produce nessun effetto mimico. Rimane congelato, statuario: un manichino. Così appare nel mezzobusto che emerge da dietro la bianca scrivania, vuota, salvo il testo del discorso, che però legge dal gobbo, vicino alla telecamera, la penna, e un misterioso libro di cui si scorge alla sua destra solo la costa azzurra. L’espressività è ora tutta demandata alle mani che commentano i punti salienti del discorso.

LE TIENE APPOGGIATE sul sottomano di cuoio, che afferra a tratti per esprimere intensità, e su cui le cala di momento in momento per dimostrare forza, concentrazione e soprattutto determinazione, in modo insistito. Usa le mani, e soprattutto l’indice. Come il suo ex rivale, e cofondatore di Forza Italia, Gianfranco Fini, che nell’aprile del 2010 l’aveva affrontato in piedi tendendo l’indice contro di lui (“Che fai, mi cacci?”). Ora anche Berlusconi utilizza quel dito.

Lo punta verso i telespettatori, come nel celebre manifesto di arruolamento americano, “I Want You”, disegnato nel 1917 da James Montgomery Flagg. Come fa notare Claudio Franzoni in “Da capo a piedi” (Guanda) si tratta di un gesto sdoganato piuttosto di recente, nonostante il celebre invito della U. S. Army, almeno nell’uso corrente; il suo precedente illustre è nella statua di Costantino, oggi ai Musei Capitolini.
C’è sempre un tono potenzialmente minaccioso nell’indice puntato, che come il medio alzato, secondo gli etologi, avrebbe il valore di un’allusione fallica. Grazie all’uso pubblico e politico, l’indice teso è passato da indicare ad additare (Franzoni).

Berlusconi qui però non addita, ma piuttosto rimprovera e ammonisce. Nell’appello finale agli elettori manifesta un’intrinseca debolezza: unitevi a me, protestate, partecipate. Ci intima qualcosa che vuole ottenere, ma non è convinto di averlo. Sta per: Fate tutti il vostro dovere! Molto diverso dal gesto, quello sì minaccioso e provocatorio, di Fini. Il braccio destro appare invece particolarmente mobile. Sostiene la mano, che si agita in aria, e si muove da destra a sinistra, e viceversa. Sono gesti in cui le qualità predicatorie del leader appaiono tuttavia smorzate. Non una vera sottolineatura delle parole, non gesti d’accompagnamento che corrispondono all’enfasi del discorso, ma piuttosto gesti di sfogo, che emergono di colpo dalla corazza in cui il suo corpo è catafratto. C’è disperazione, o almeno poca convinzione, in quei movimenti. Picchia sul tavolo, abbassando e stringendo il portadocumenti di cuoio, si capisce che è arrabbiato, ma non abbastanza; vuole dare enfasi al detto, ma il movimento si smorza, perché tutta quella mimica gestuale resta a lato del suo dire, non segue il senso profondo delle parole: è uno sfogo.

A UN CERTO PUNTO appoggia la mano sul cuore, in un moto che vuole indicare un sentimento di fedeltà, di fiducia, ma anche una forma di giuramento intimo (giuro sulla mia famiglia). Alza anche la mano con il palmo aperto, ma funziona poco. Di gesti soliti, che gli abbiamo visto fare nei comizi da “venditore”, come l’enumerare, prendendo con una mano le dita dell’altra, una a una, per spiegare, illustrare, enunciare, ora non c’è traccia. La sua gestualità ha qualcosa di vecchio, d’usuale, da direttore, preside, burocrate. Non incrocia mai le braccia, movimento in cui è implicita la sfida, scrive Franzoni: alla Napoleone. E neppure unisce indice e pollice per argomentare, secondo una modalità tipica dei ragionatori, come accadeva a Aldo Moro, gesto che pure in passato s’era visto nei suoi incontri pubblici in sale e teatri. Nessun sorriso, nessuna gestualità distesa, nessuna captatio benevolentiae, come in passato. Il corpo congelato e la ristretta mimica delle mani rivelano una condizione interiore di crisi, trasmettono l’idea di un uomo che si sente assediato, che reagisce, ma non agisce. Risentimento in vista dell’abbandono.