L'edizione americana di 'Vogue' sancisce la fine delle modelle eteree e disincarnate. Il nuovo punto di riferimento estetico è l'attrice Kate Upton

E Dio creò… Kate Upton. Sembra che il mondo intero abbia gli occhi puntati su questa solida ragazza di appena 21 anni consacrata dalla copertina di "Vogue America", solitamente appannaggio di corpi eleganti e disincarnati. Nei giorni scorsi l'incontenibile Kate (non una metafora, ma espressione strettamente connessa alla sua misura di reggiseno) girava sulla spiaggia degli Hamptons in bikini banco di una o due taglie in meno, tentando di ottenere dalla strisciolina di tessuto una copertura meno esigua. Stordimento dei presenti. Qualche capogiro. Il film è "The Other Woman" di Nick Cassavetes, dove Kate è una moglie tradita: il marito fedifrago ha il volto ormai familiare di Nikolaj Coster-Waldau, alias Jaime Lannister della serie televisiva il "Trono di Spade". Vari blog si chiedono chi sarebbe così scemo da tradire una simile meraviglia, e con chi, poi.

Sconosciuta a chi non frequentava le pagine di "Gq" e "Sport Illustrated", la curvacea effervescente bionda da oscura modella di costumi da bagno della Florida è diventata una star virale. Non è passata dalle mani dei grandi fotografi come Steven Meisel, e Victoria's Secret non l'ha voluta tra i suoi angeli: «Sembra una di quelle ragazze che compaiono sulla terza pagina di "The Sun", o la moglie di un calciatore. Con quei capelli troppo biondi e quella faccia che chiunque abbia abbastanza soldi può comperare», è stato il giudizio dell'implacabile Sophia Neophitou, responsabile del casting. Che forse stavolta si è sbagliata.

Non che sia facile scoraggiare Kate. Carica di autostima, sostenuta da una famiglia da telefilm, vive in perenne allenamento su cinque acri di terreno con piscina, trampolino, maneggio e canestri da basket. Ha accumulato copertine di "Sports Illustrated" e pubblicità tv, e usato con astuzia i social media. La leggenda Upton, infatti, comincia su YouTube nel 2011. Ripresa da un amico mentre balla, il suo appeal è un misto di bionditudine bombastica e semplice ragazza della porta accanto: il video ha avuto due milioni di visite. In un'altra rischiosa clip, mentre danza sulle note di "Cat Daddy" in un succinto bikini, è disarmante, improbabile ma divertente (16 milioni di contatti). Nel 2012 la troviamo al quarto posto tra i nomi più cercati di Yahoo dopo "elezioni", "iPhone" e "Kim Kardashian". In questi giorni, il video di un servizio di moda girato due anni fa per la rivista Complex, con lei in topless a cavallo, spopola nel web. Alta 1,78, le sue misure sono 84 (era partita da 88)-63-92. Scarpe 39. È già acclamata come la Marilyn postmoderna, e Ragazza del Momento.

Sta cambiando l'estetica del corpo femminile? Upton non è sola. Beyoncé, più pop idol che modella, è testimonial di H&M con tutte le sue fiammeggianti curve, e ha insistito perché le foto non fossero ritoccate e "assottigliate". Tra le attrici splende Jennifer Lawrence, una Diana Cacciatrice dei giorni nostri (si può notare in "Hunger Games"), ma anche la sensualissima Adèle Exarchopoulos, appena laureata a Cannes con "La vie d'Adèle", vincitore della Palma d'Oro. Ha vent'anni, corpo sinuoso e morbido (nudissimo nella lunga scena di sesso lesbo), occhi ammalianti e per di più è simpatica, gioiosa, pacificata. Tra le modelle c'è Crystal Renn, anoressica a 16 anni che a 25 è finalmente riuscita ad accettare il suo vero corpo (96 di seno, una quarta, 76 di vita, 106 di fianchi). C'è la "super-curvy" Tara Lynn: 1,86 per 85 chili, giunonica come minimo.

Corpi da statue greche, antichi eppure moderni, contro corpi filiformi e bidimensonali come quelli delle top model Candice Swanepoel e Miranda Kerr. Marino Niola, che insegna antropologia dei simboli all'Università di Napoli Suor Orsola Benincasa ed è autore del saggio "Miti d'oggi" (Bompiani), ha una teoria. «Il corpo è diventato un format. Le divinità dell'Olimpo erano format dell'immaginario, permettevano di identificare caratteristiche precise: Afrodite è nuda, Artemide un po' meno, Atena è vestita. In quella fabbrica politeista h24 che è lo star system, si creano i format: per gli uomini lo sport, per le donne la moda. L'ultimo rifugio degli dei è l'industria dello spettacolo. E se è vero che il corpo incorporeo è stato, per almeno un decennio, il modello dominante, è anche vero che il mercato chiede con insistenza una diversificazione. Il tipo anoressico ha probabilmente raggiunto il suo limite fisiologico: ci sono altri mondi, come il Sudamerica o l'India, che non lo accettano. Non solo: il corpo, privato delle caratteristiche più femminili, rimanda all'astinenza, alla penitenza, alla mortificazione. A una forma di rinuncia alla carne in senso letterale che ha una componente quasi religiosa: pensiamo alle sante anoressiche. Etica ed estetica si saldano. Sappiamo bene che c'è un regime dei corpi. Un sistema che si impadronisce dei corpi e li normalizza, ne controlla gli appetiti, li tiene a freno, ma non si può permettere spread. Se si generano nuovi desideri, si fa spazio a nuovi format». Il tipo anoressico produce anticorpi: in questo caso, "ultracorpi".

Nel caso di Kate Upton, le sue curve e la sua stupefacente scollatura sfidano il concetto stesso di modella, così come lo conosciamo: la processione costante di manichini spesso tristi e imbronciati. C'è in lei un commovente orgoglio quando dice: «Amo il mio corpo. Me l'ha dato Dio. Io non posso cambiare la mia taglia di reggiseno. È naturale. Mi piaccio, mi sento sicura di me. Se questo aiuta altre donne a star bene nei loro corpi, beh, è grandioso». Nell'orgoglio c'è anche la certezza di incontrare un gusto, un desiderio collettivo. Se uno come lo stilista americano Michael Kors paragona Kate a modelle mitiche degli anni Settanta come Patti Hansen e Christie Brinkley, sexy e atletiche, la racconta «splendente, con un magnifico sorriso, una che si gode la vita», significa qualcosa. Un nuovo mantra: salute è bellezza, autostima è bellezza. Non più, magrezza è mezza bellezza. Per inciso: in Italia, una donna su cinque supera la taglia 48; oltre il 38 per cento fatica a entrare nella 44. Come se non bastasse, si calcola che le modelle siano il 9 per cento più magre e il 16 per cento più alte del normale. Conclusione: tra la donna reale e quella da passerella c'è un abisso. Segnali di stanchezza per l'incolmabile gap?

Non siamo certo alla rivoluzione, ma all'allargamento dell'orizzonte estetico sì. Antonella Mascio, che insegna Sociologia dei processi culturali e comunicativi all'Università di Bologna, sede di Rimini, e dirige la rivista "Pop Culture" (ha anche tenuto un coraggioso corso sulla serie televisiva "Gossip Girl") segue ogni sensibile mutamento di rotta del costume: «Certi fenomeni apparentemente slegati sono in realtà connessi», sostiene: «E la cultura del cibo, ormai presente ovunque come valore, intrattenimento, piacere, rimanda a livello simbolico a un bisogno di qualità della vita. C'è una stretta relazione tra l'arrotondarsi delle curve (non più costole a vista, stinchi ossuti) e l'atto gioioso di mangiare, allentando un po' il controllo. In certe produzioni televisive, penso a "Mildred Pierce" con Kate Winslet, o a "Boardwalk Empire", ambientata nel primo Novecento, vediamo una femminilità dolce, rivisitata in modo contemporaneo. Un modello trans-temporale, un po' vintage, quasi una risposta alla mancanza di fisicità dei corpi che incontriamo nel web. Non dimentichiamo che la Rete stimola intimità fredde, "amicizie" sempre più virtualizzate in cui si perde quasi la memoria del contatto. Certi corpi, invece, trasmettono subito l'idea del calore. Segnalano la differenza, si distinguono: ecco la svolta. L'insieme di tante sollecitazioni abbatte il muro che separava le magre dalle curvy, chiuse nel ghetto delle "taglie morbide", "comode" o "conformate", eufemismo per grasse. Un tipo di bellezza che agli uomini è sempre piaciuta, ma è stata a lungo scartata, torna ad avere la sua legittimazione».

Quando in rete la definiscono "grassa" - e il dibattito se lo sia o no è piuttosto acceso - Kate Upton ci ride su. A pranzo non si mortifica, e sul futuro ha idee chiarissime: non le interessa la passerella ma il cinema, una buona campagna di lingerie o cosmetici. Dando uno schiaffo al fashion system, spiega con studiata innocenza che da ragazzina non comprava i giornali con le modelle in copertina «perché non le conosceva». Vuole innanzitutto essere famosa, riconosciuta, e le va benissimo incarnare (parola non scelta a caso) un ideale di donna anti-crisi, sensuale eppure materna.

«L'ossuta spaventa», sentenzia Giuseppe Scaraffia, professore di letteratura francese all'Università la Sapienza di Roma che si è occupato a lungo dei grandi miti ottocenteschi della seduzione, con incursioni nel contemporaneo.«L'uomo è timido, fugge. È un coniglio travestito da lepre, un uccello diventato guardingo davanti alla trappola, attento a non lasciarsi ingannare dal richiamo. Nel continuo gioco delle parti e della seduzione, il modello Upton è socialmente indispensabile, per ridurre i rischi di fuga. È il 3D. L'astuzia delle donne è l'astuzia della storia che si ripresenta in una nuova forma. In ogni caso non c'è scampo: l'uomo d'oggi è l'unica preda che creda di essere il cacciatore».

Manca un dettaglio, non irrilevante: la crisi. Dice Niola: «L'Occidente, obeso nei consumi e anoressico nella fantasia, deve fare i conti con grandi mutamenti. Quando il modello dell'abbondanza cede e si riducono i consumi, quando siamo costretti a diventare più frugali nella realtà, possiamo esserlo meno nella fantasia. Pensiamo alle maggiorate e alle ragazze che imbottivano il reggiseno perché allora era "obbligatorio" essere floride: dopotutto il mondo era uscito da una guerra, e la magrezza significava soltanto fame».

Non sa Niola, che l'incredibile Upton ha sintetizzato tutto questo in una massima di vita: dopo tanto "less is more", "more is more".